Mauro Moretti: vattene

22 Mar 2014 | Di | Categoria: Le pagelline

Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello StatoA Berlino, l’amministratore delegato delle Ferrovie tedesche è salito sulla cima del Bundestag minacciando di lanciarsi nel vuoto se la Merkel non gli garantirà almeno un posto da bigliettaio in qualche Lander, Turingia compresa. A Mountain View, Larry Page e Sergey Brin hanno convocato l’assemblea degli azionisti di Google per promuovere la più grande raccolta fondi della storia e si sono dichiarati felici di fare da segretari al nuovo auspicato Ceo. A Cupertino, alla Apple stanno mettendo mano alla liquidità aziendale di oltre 100 miliardi di dollari per ingaggiare il manager laureatosi con lode in ingegneria elettrotecnica all’Università di Bologna nel 1977. Per chi tanto clamore? Per Mauro Moretti, Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato dal settembre 2006 ed ex segretario nazionale della Cgil Trasporti (sindacato di sinistra, all’epoca comunista) dal 1986 al 1991. Cliccare qui per leggere la scheda di Wikipedia su Mauro Moretti.

Mauro Moretti percepisce dallo Stato uno stipendio di 850.000 euro all’anno e non ha gradito l’annuncio del premier Matteo Renzi di voler tagliare le retribuzioni dei manager pubblici, abbassandole – si fa per dire – al livello dell’appannaggio assegnato al Presidente della Repubblica.

«Una cosa è stare sul mercato, una cosa è una scelta politica. Lo Stato può fare quello che desidera. Sconterà che una buona parte di manager vada via. Questo lo deve mettere in conto», ha velatamente minacciato l’Amministratore Delegato delle Fs, rispondendo ad un giornalista che gli chiedeva un commento sul ridimensionamento della spesa pubblica, quella che gli asini in italiano chiamano “spending review”. Poi, giusto per far piangere milioni di pendolari, ha avvertito che anche lui potrebbe abbandonare l’Italia a se stessa. «Il mio omologo tedesco prende tre volte e mezzo il mio stipendio» ha spiegato Moretti, trascurando di precisare che le Ferrovie tedesche hanno dimensioni, fatturato, efficienza incomparabili con quelle italiane. In pratica, è come se il re del Bhutan si lamentasse di essere sottopagato rispetto alla regina Elisabetta.

Arrivato alle Ferrovie nel 1978 dopo aver vinto un concorso pubblico esterno, Moretti ha compiuto una carriera folgorante per velocità e risultati: partito come “quadro” nell’Officina Trazione Elettrica di Bologna (il posto di lavoro conquistato col concorso), ha salito i gradini della gerarchia d’impresa fino a diventare dirigente e infine capo supremo. Se tutto si fosse svolto come da consuetudine italica, l’ex Partito Comunista, Pds poi, Pd al capolinea, dovrebbe aver seguito compiaciuto l’iter professionale di questo suo figliolo, entrato come impiegato ed inseritosi così bene da arrivare a sedersi sul trono aziendale.

Il commento di Mauro Moretti ha suscitato un vespaio, in gran parte di comodo. Dai politici ai nullafacenti di Stato, è giunta una grandinata di critiche, mentre Renzi ha ribadito da Bruxelles le sue intenzioni: «Confermo l’intervento sugli stipendi dei dirigenti pubblici. Sono convinto che, quando Moretti vedrà la ratio, sarà d’accordo con me». L’Ad delle Ferrovie ha replicato «Di Renzi mi fido». Il dialogo è avvenuto a distanza ed ha l’impronta del “volemose bene” e, soprattutto, di una gestione personalistica della Cosa Pubblica; in sostanza, come accade da sempre, due amministratori del denaro dei cittadini colloquiano trattando le questioni come fossero affari di famiglia, da risolvere a tavola fra un bicchiere e l’altro. Il sospetto che sia in gioco un principio basilare della convivenza civile – e cioè quello della limitazione delle sperequazioni economiche – pare non aver fatto capolino nella testa dei protagonisti, la cui pagnotta esce dalle tasche dei contribuenti. La sostanza si potrebbe riassumere con un’ipotetica conversazione: “ora la questione la sistemiamo fra noi e decidiamo come e dove condurre il carrozzone; tanto, il pedaggio è pagato da milioni di pecoroni”. La frase «Di Renzi mi fido» ha una inquietante sfumatura sicula, quasi simile ad un pizzino scritto con complicità.

Tornano in mente le parole di un altro geniale amministratore ai vertici di un’azienda di Stato, anch’egli figlio della Sinistra: Chicco Testa. Le polemiche sugli stipendi d’oro sono vecchie di lustri ed una ventina di anni fa Testa affermò che i manager devono essere ben pagati, così come avviene nel settore privato, se lo Stato vuole che le sue mille attività siano ben gestite. Maria Latella, giornalista del Corriere della Sera, commentò l’uscita dell’ex segretario nazionale di Legambiente divenuto Presidente del Consiglio di Amministrazione di Enel scrivendo: è vero, i bravi manager devono essere ben pagati, ma nelle aziende private vengono selezionati dal mercato e non dai partiti. Sovviene anche il ricordo del leghista Roberto Castelli, pure lui ingegnere, che durante una puntata di Ballarò affermò di aver perso quattrini entrando in politica e quindi in Parlamento, perché in precedenza guadagnava molto di più come dirigente d’azienda. Il mio scetticismo mi porta a domandarmi quale possa essere la ditta disposta a versare uno stipendio netto di 20.000 euro al mese ad un Castelli (colpa della mia ottusità, ovviamente).

Di Moretti, la cui azienda ha operato in regime di monopolio fino ad un paio di anni fa, da contribuente e saltuario utente mi viene da pensare che la sua abilità manageriale si sia concretizzata nella restrizione della fornitura di un servizio pubblico, cioè l’abolizione delle tratte ferroviarie non remunerative, nel rinegoziare con le Regioni le convenzioni per i trasporti, nel chiudere le biglietterie sostituendole con macchinette studiate per impedire agli anziani di salire su un convoglio, nel contrastare con mezzucci la nuova concorrenza rappresentata da Italo, la rete di collegamenti che ha Montezemolo e Della Valle fra gli azionisti (si ricordi la gimkana imposta a Roma per i clienti della neo-nata compagnia, alla quale veniva consentito di fare scalo soltanto alla stazione Tiburtina e solo su un binario molto distante dall’ingresso).

Per esperienza diretta, posso affermare che 20 anni fa i treni spagnoli spaccavano il minuto, mentre l’estate scorsa sulla linea Adriatica non sono riuscito a prendere nemmeno un treno in orario ad agosto, mese di sovraffollamento che un buon manager affronterebbe con armi affilate e non con tabelloni dove si leggeva soprattutto l’aggiornamento del ritardi.

Mauro Moretti è pronto ad abbandonare l’Italia se gli decurtano di un euro il suo stipendio da 850.000 euro all’anno? Faccia pure. Il momento di cambiare è passato da un pezzo e l’ingegnere dimostra di avere dimestichezza con i ritardi perfino nel rendersi conto del malessere del Paese. Varchi i confini e si confronti con il mercato, quello vero, senza tessere, dove se non sei bravo vieni sbattuto fuori senza indugio. Vada e ci spedisca una cartolina dal mega ufficio nel super grattacielo dove lo attenderanno a braccia spalancate. Pendolari ed utenti si faranno una ragione della sua mancanza e continueranno a patire ritardi ed incuria risparmiando centinaia di migliaia di euro ogni anno.

Matteo Renzi, se non vorrà dimostrarsi un magliaro come tanti di quelli che l’hanno preceduto a Palazzo Chigi, inizi a sforbiciare sul serio i rami secchi e costosi della giungla statale. Il Paese non può più aspettare.

Addio, Moretti. Senza rimpianti.

P.s. Visto che è scoccata l’ora della indignazione dei super manager a rischio di penalizzazione, perché Moretti non organizza un bel volo charter portando con sé Scaroni, Conti e centinaia di altri geni che la gente non ama affatto ma che è costretta a rifocillare con privilegi di ogni tipo?
Se gli smartphone lasceranno loro un attimo libero, Moretti & C. potrebbero leggere l’articolo in cui si riporta la notizia di una ragazza di 18 anni del quartiere Zen di Palermo, morta a febbraio a causa di un ascesso, poiché non aveva i soldi per farsi curare da un dentista. Aggiungo il link: cliccare qui per leggere l’articolo sulla diciottenne deceduta a febbraio.

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5 commenti
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  1. Scusami se te lo dico, Joseph, ma la tua mi sembra una indignazione in stile grillino,fine a se stessa, cosa c’entra la ragazza morta per l’ascesso?? Decenni fa si sarebbe portato come termine di paragone i bambini dell’Africa. Le tue argomentazioni sono alquanto deboline. Moretti e Scaroni, per tua informazione, hanno in passato rifiutato ruoli da CEO negli Usa da 10 milioni di dollari l’anno, il primo nella Intel e il secondo in AOL. Informati, Joseph!!

    RISPOSTA

    Innazitutto, grazie per il tuo intervento e per aver letto il mio post.
    L’indignazione è una reazione istintiva; quindi, per definizione, non può avere un fine. Dovrei incanalarla scendendo in piazza proprio come un grillino? Da quel poco che ho imparato nella vita, le piazze non hanno mai prodotto grandi risultati. Preferisco rinunciare.
    Visto che ho definito basilare per la convivenza civile il principio della “limitazione delle sperequazioni economiche”, a me sembra perfettamente calzante la citazione del caso della ragazza di Palermo morta per indigenza. Sbaglio?
    Non mi risulta che Moretti e Scaroni abbiano rifiutato incarichi da Ceo (l’equivalente statunitense di Amministratore Delegato e cioè grande capo) alla Intel o ad Aol. Però, se così davvero fosse, mi dovrei chiedere come mai abbiano rinunciato a cariche così prestigiose e lucrose e come mai Moretti ora faccia riferimento al suo collega tedesco che guadagna soltanto 2 milioni e mezzo di euro (un quarto dell’incarico a cui Moretti avrebbe rinunciato in passato) per dare misura dell’importanza del suo ruolo.
    Se seguissimo la semplice logica, dovremmo concludere che nel frattempo i suoi neuroni si siano arrugginiti parecchio e che 850.000 euro all’anno siano perfino troppi.

    P.s. I compensi annuali dei Ceo di colossi come Intel ed Aol sono ben superiori a 10 milioni di dollari: dimentichi le stock option che moltiplicano i guadagni. Per quanto riguarda Scaroni, alla Aol avranno brindato per lo scampato pericolo quando l’Eni sottoscrisse l’accordo con la russa Gazprom per la fornitura di gas ad un prezzo pre-stabilito per vari anni: all’epoca, gli analisti avevano già previsto il calo dei prezzi e la soluzione dei gassificatori era stata adottata con successo all’estero, portando a notevoli risparmi economici.

  2. A casa subito!, e come lui altre centinaia di personaggi inutili. Fate lavorare i giovani capaci pagandoli il giusto.

  3. Vattene, nessuno ti trattiene, tanto il tuo lavoro da Roma in giù lo fai male. Vattene, vattene all’estero, poi vediamo se verrai pagato comunque 957,00 € l’ora. Colera amico mio, colera.

  4. Questa è vero. Moretti guadagna enormemente meno del difensore del popolo e dei lavoratori tutti Michele Santoro.

  5. infatti deve ANDARSENE anche SANT’ ORO di nome e di fatto…il male dell’italia e’ che e’ STRAPINEO di gente simil moretti come stipendi, pensioni contratti, ecc..ecc.. tutti che amano la bella vita THELUXE, se ne strasbattono di fatto (nel privato) dei morti di fame italiani che li mantengono a vita beata…ANZI HAN PURE LA PRETESA che continuino a pagare e sgobbare PER LORO…anche chi come SANT’ORO (e non solo lui…visto i molteplici XXXXXXXXXX parassiti in casa RAI…) POI FA LA MORALE AGLI ALTRI grazie alle TV complici….
    Il gionro (presto) che scatta la rivoluzione di chi non va certo ad impiccarsi ma la fara pagare MOLTO CARA A TUTTI….e che non sara’ più fatta dai centri sociali nullafacenti……SPARIRANNO UNO AD UNO compresi familiari e parentame vario…vedrete che pulizia ETNICA dei parassiti THELUXE: , statali e XXXXXXXX di partito modello SANT’ORO!!!!

    RISPOSTA

    La ringrazio per il suo intervento e mi scuso se sono stato costretto a sostituire alcuni eccessivi epiteti con delle “X”. Comunque, il senso e la protesta del commento restano immutati.
    Una doverosa precisazione, relativa al suo intervento ed a quello precedente, onde evitare confusione: Michele Santoro è uscito dalla Rai con un’ottima liquidazione due anni fa; dal 5 luglio 2012 lavora sulla rete televisiva La7, di proprietà del gruppo privato Cairo Communication.

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