Auguri

8 Dic 2007 | Di | Categoria: Opinioni

Natale

A chi sostiene che la vita è un bene indisponibile e poi amministra la misericordia di Dio, auguro di trovare Dio nell’errore e di smarrirlo in una legge o in un prezioso tabernacolo. Anzi, auguro un Dio fatto di parole e di leggi, che si svela come un inganno nell’attimo precedente la notte, quando nulla più è concesso al pentimento. Auguro un Dio sordo alla preghiera, vestito a festa, lustro come una stola, lontano come una processione di fantasmi. Auguro di tendere la mano, in un giorno disperato, verso una farfalla che risponde con un battito d’ali. Auguro la solitudine in chiesa, in ginocchio su una panca a chiedere perdono, a chi ha trasformato la luce in un vezzo di sole.

A chi la domenica si batte il petto senza avere una coscienza pronta a pesare, auguro che la mano si paralizzi lì, sul cuore, come un monito costante, come un indice che accusa, come l’occhio dei tanti che pagano senza pretendere di comprare la salvezza con un gesto.

Al funzionario pubblico che vende la sua scorrettezza, auguro di essere vittima di ingiustizia sorda come la stupidità e tenace come l’avidità.

A chi, con la propria leggerezza, distribuisce dolore attraverso mille vie che nessuno conosce, auguro il tormento di un passo pesante e di una parola che stenti in gola in attesa di una ragione.

A chi vende la morte auguro di vederla in faccia col suo volto più torvo. Ma per lui non auspico la fine. No: che viva più a lungo possibile e che quel volto lo insegua ogni giorno, anche solo per un attimo. Forse capirà.

A chi colpisce nell’ombra perché la sua anima non ha tempra né sprazzi di luce auguro l’ombra, fedele al suo cammino.

A chi sale in cattedra con superbia e senza amore per chi ascolta, auguro di cadere con la mente e di non essere più padrone del suo sapere. Viva lo smarrimento della conoscenza ed il disprezzo dei superbi che ha riverito come il più umile dei servi. Che di questo, e solo di questo, abbia consapevolezza. Gli auguro di aver bisogno di capire come un bimbo sperduto, perché intuisca cosa significhi essere maestri.

All’avaro, che per il soldo vende tutto e che del soldo vive, auguro di vendersi per una moneta falsa e di capirne l’inganno. Che veda la miseria dell’anima e ne conosca l’impossibilità del riscatto.

8 dicembre 2007 – Strage all’acciaieria ThyssenKrupp di Torino: morti 4 operai (altri 3 sono deceduti nei giorni successivi).

A chi baratta l’amore auguro di vedere il nulla nella mano, di scorgere un bagliore lontano, distante un lungo cammino, perché possa sentirsi come un ladro nel deserto, assetato e affamato di luce. Auguro una strada sofferta, con la meta sempre vicina ma mai raggiunta, ed un approdo fra i tanti che non sanno. Si sentirà un essere solo e maledirà il suo aver saputo. Ma avrà tanto da insegnare.

A chi ha rubato l’autorità per esercitarla col pugno auguro di cadere, auspico la debolezza, la fiacchezza delle membra e l’indifferenza degli altri. Per capire non occorrono muscoli.

A chi striscia assolvendosi in nome di un falso bisogno, a chi colpisce alle spalle pronto a perdonarsi, auguro una parola che arrivi come una coltellata nel ventre, dritta, decisa, limpida, perché impari in un momento estremo quanto caro debba costare il non avere coscienza. Auguro di camminare sotto ponti e balconi, senza un raggio di sole, perché la strada percorsa diventi destino voluto, scelto per mancanza di rigore. Il sapore della pena, della condanna, diventi la sua via verso un valore.

A chi promette senza mantenere, avendo anzi la certezza che mai le parole avranno concretezza, auguro di vivere di speranza, ma che sia una speranza malata e vestita di vicolo cieco. Auguro di sperare ogni giorno ed ogni giorno di restare deluso, ed al mattino ricominciare per quel maledetto carosello che ha imposto al prossimo come una speranza contrabbandata. Impari che le parole sono macigni da non legare al piede di alcuno.

7 dicembre 2007 – Iraq, donna kamikaze esplode: 15 morti vicino a Baquba.

A chi sparla per protervia o leggerezza, auguro di salire sulla gogna e di vedere il disprezzo negli occhi della piazza. Auguro il ludibrio, anche solo per un giorno, affinché lo senta come macchia indelebile, come morso che ha addentato le vene. Il disprezzo è solo di Dio che ha comprensione troppo grande per sfiorarlo. All’uomo deve restare solo la compassione, unica dimensione che riscatta dalla miseria.

A chi decide in nome di un principio piegato ai suoi comodi, auguro di finire in galera, ma non come corrotto, bensì come innocente accusato di un delitto inesistente, condannato da una giuria di corrotti che, abusando di principi, sollevino il braccio del boia per indicare una cella senza chiavi.

A chi vive di piccole invidie, di rovelli per le capacità degli altri, fomentando disgrazie, auguro il successo degli invidiati ma, soprattutto, di vedere quel successo che si illumina di tempra morale. Magari intuiranno il veleno da poco prezzo che ha ammorbato la loro vita.

A chi è stato fortunato e spaccia la buona sorte come un valore da imporre a chi non ne ha, auguro una corona di piccole sventure che, colpo su colpo, ne sbricioli il trono in uno stillicidio di sottrazioni. Che torni al suolo tra le formiche dove, alzando gli occhi al cielo, imparerà a dire “grazie” per un semplice respiro.

7 dicembre 2007 – Teatro: La Scala, Palazzo Beltrami illuminato per la Prima.

Al medico che vede nel malato un numero o una banconota, auguro giorni come lividi sulla pelle, il dolore ed il silenzio in un letto d’ospedale, auguro un capezzale di familiari affranti, una lunga corsia bianca dove anche un mezzo sorriso restituisce il senso della vita. Auguro di necessitare anche solo d’un bicchiere d’acqua e di non trovare una mano misericordiosa. Auspico un responso freddo come il gelo e l’arroganza fatta disprezzo per il corpo e per lo spirito. Affinché capisca quanto importante sia un po’ di calore quando tutto si annienta di fronte alle membra che cedono. Gli auguro di tornare tra i sofferenti come uomo capace di capire e di curare.

Al giudice che ha trasformato i codici in un’arma da usare come una piuma senza scopo, che dispensa condanne col senso di un evento lontano, auguro che il potere gli diventi sabbia, auguro sbarre infami e giorni legati ad un cavillo, l’intera vita appesa ad un filo di ragno in balìa di ogni refolo. Avverta il fiato del boia invitato per burla da un bambino che non ha cognizione del male e del bene, che vive con un sorriso i segni dell’ingiustizia e che gioca con la bilancia della giustizia.

A chi marchia per distinguere sé ed altri col metro più facile, a chi delimita il campo per conservare privilegi rubati, a chi crea barriere per allontanare il diverso, il nemico, o il migliore, auguro una gara al prezzo della vita, dove a competere sia l’anima, dove la generosità sia la forza per correre e l’abbraccio dei reietti il verdetto. Auspico una giuria di sbandati col ferro nella brace per imprimere un sigillo d’oltraggio. Auguro un recinto… e lo sguardo divertito di mamme e bambini, che tanto più ferisce quanto più è innocente.

A chi, volente o nolente, regala incubi che non si possono rifiutare, auguro una giostra infernale dove la parola fine è sempre l’ultima di una fila che non c’è. Auguro di vedere in ciò che ha di più caro l’occhio più nero, solo per un attimo, giusto il tempo di intuire l’inferno, di vederne le fiamme in terra. Auguro ferite vigliacche sulla schiena. Auguro un sonno fatto di mille rumori, di tremiti e palpiti forsennati. Auguro un sogno meno brutto del prossimo. Auguro di non avere ristoro a causa di un chiodo così profondo da non essere visto. Che il male fatto gli diventi spettro notturno, tenace come il sangue che gli scorre nelle vene.

A chi non ha mai donato se non commiserazione ed elemosina, auguro di dover vivere della pietà e della carità della gente.

Al razzista auguro di essere amato da chi disprezza e di riamarlo solo nell’ultimo istante di vita.

Alle mamme ed ai bimbi auguro un sorriso sereno.

A tutti gli uomini di buona volontà: che abbiano la forza di restare se stessi, di perseverare e di stringere i denti. Quest’anno sarà come tutti quelli che lo hanno preceduto, duro e senza sole. Non avranno premi o riconoscenza, ma abbiamo bisogno di loro.

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