Gianni Alemanno: 4
1 Lug 2010 | Di Giuseppe | Categoria: Le pagelline “Non c’è alcun pedaggio sul Gra. Se qualcuno mette qualcosa sul raccordo per far pagare il pedaggio, vado io con la macchina e la sfondo“. A parlare non è Giggi er Bullo o il Monnezza, ma Gianni Alemanno, il sindaco di Roma capitale. I bellicosi intenti scaturiscono dai nuovi aumenti tariffari sulle autostrade e sui raccordi Anas, che arrivano a toccare il 20% (una ulteriore tassa sugli automobilisti, già gravati dalle altissime accise sui carburanti). Il GRA, cioè il Grande Raccordo Anulare, è dei romani e non si tocca; eventuali caselli saranno buttati giù. Questa, in sostanza, la posizione del tribuno Alemanno a cui la Lega ha risposto per le rime: “Alemanno faccia pure, purché poi rifonda i danni e purché non usi l’auto blu pagata dai contribuenti”. Anche senza caselli, i rincari ci sono e verranno pagati: 1 euro in più per le vetture e 2 euro in più per i mezzi pesanti che entrano e escono dal raccordo passando per i 9 caselli autostradali.
Alemanno, uno dei cosiddetti colonnelli di An, aveva esordito bene; di lui, si era percepito un profilo di politico laborioso ed attento quando era stato ministro delle politiche agricole dal 2001 al 2006. Prima che si assopisse sul berlusconismo, in lui avevano confidato molti moderati, poco propensi al berluscottimismo e più disposti al dialogo ed alla ponderatezza. Purtroppo, strepiti, proclami, populismo, propaganda chiassosa e becera hanno contaminato l’immagine di Alemanno (l’immagine sia chiaro, perché la sostanza è ardua da conoscere). Fra Cicchitto che strepita come quando era un socialista lombardiano (cioè di sinistra), l’ex Radicale Capezzone che continua col tono della Sibilla senza incertezze, Bondi a cui tutto fa orrore tranne gli slogan pronunciati quando militava nel Pci ed il sorriso ceramicato del capo, Alemanno si è sentito in dovere di alzare la voce, modulandola sui toni di un borgataro incazzato.
Brutta caduta di stile, soprattutto per chi lo ricorda mentre frignava contro l’enorme buco lasciato dai predecessori (solita recita di tutti i nuovi governanti), o mentre petulava per ottenere una sovvenzione statale (vizietto dei sindaci di destra, da Catania in su) di 500 milioni di euro annui (cioè 1000 miliardi di vecchie lire) per riassestare il bilancio di una capitale che lo ha scelto come guida.
Alemanno, se si sceglie di fare i duri e puri, non ci si può attaccare alla saccoccia di Pantalone per invocare la paghetta con cui farsi belli. E, di milioni, a Roma capitale ne sono stati accordati 300 all’anno (600 miliardi delle vecchie lire) dai contribuenti italiani.
Con buona pace della Lega sempre pronta a difendere con le chiacchiere chi paga il carrozzone.