Giù le mani da Grasso candidato Pd

29 Dic 2012 | Di | Categoria: Opinioni

Pietro Grasso con Pierluigi Bersani

C’è un rumore di fondo che segue da lontano le parole di Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia fra i candidati del Pd alle prossime elezioni. E’ quello della macchina del fango che si avvale della comunicazione di massa per delegittimare e screditare gli avversari. Per ora, se ne avverte un tambureggiare sordo ma distante. Nelle prossime settimane, forse, inizierà a mettersi in moto. Il meccanismo è ben oliato e si autoalimenta, riproducendo genesi e sviluppo del pettegolezzo, l’arma più potente della storia.

Quando è iniziata la campagna elettorale

Il grafico dell'andamento delle azioni Mediaset in Borsa negli ultimi 12 mesi

La notizia della candidatura eccellente si è diffusa nella serata del 27 dicembre cogliendo un po’ tutti di sorpresa, benché già nei primi giorni del gennaio scorso il procuratore non escludesse questa possibilità («Io in politica? Mai dire mai…»), a margine della commemorazione di Piersanti Mattarella a Palermo. La campagna elettorale è già iniziata, in concomitanza con l’epilogo dei processi a Berlusconi (primo fra tutti, il caso Ruby) e con il crollo delle entrate pubblicitarie Mediaset (titolo sceso in Borsa di circa il 60% negli ultimi 12 mesi e prospettiva di licenziamenti da parte di una società che li riteneva tabù). Dopo aver assistito al dilagare di Berlusconi in tv, Pierluigi Bersani ha gettato sul tavolo il suo asso: Pietro Grasso, giudice a latere nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra, amico di Giovanni Falcone, procuratore della repubblica a Palermo capace di fare arrestare 13 latitanti fra i 30 più pericolosi e di ottenere 380 ergastoli per Mafia, tra gli artefici della cattura di Bernardo Provenzano dopo quasi 50 anni di latitanza. (Il grafico in alto a sinistra mostra l’andamento delle azioni Mediaset in Borsa negli ultimi 12 mesi; la recente ripresa coincide con il ritorno di Berlusconi alla politica attiva. Si consiglia di leggere un articolo di Milena Gabanelli pubblicato dal Corriere della Sera: cliccare qui).

Grasso: «Un magistrato non deve farsi etichettare»

Giovanni Falcone e Pietro Grasso

Siciliano, nato a Licata il primo gennaio 1945, Grasso ha subito tolto qualche dente agli ingranaggi della macchina del fango, mettendosi in aspettativa e chiedendo il pensionamento anticipato dalla magistratura, abbandonata in modo irrevocabile dopo 43 anni di lavoro. Inoltre, ha sottolineato che «un magistrato non deve potersi fare etichettare da qualsiasi colore politico» dopo essere entrato in politica. Senza queste premesse cristalline, sarebbe stato immediatamente dardeggiato da editoriali, servizi televisivi, allusioni nei dibattiti in tv. (Nella foto, da sinistra, Giovanni Falcone e Pietro Grasso).

Pietro Grasso si dimette dalla magistratura

Durante la conferenza stampa che si è svolta meno di 24 ore dopo l’annuncio della candidatura, Grasso si è commosso ricordando la vita spesa per servire la giustizia: «Ho detto no, in passato, a molti incarichi e ho continuato a fare il magistrato per 43 anni. Ma nel corso degli anni, soprattutto dopo gli incontri sulla legalità con i giovani, ho capito che bisogna dare delle risposte, che è necessario rappresentare le proprie idee. Potevo restare nella magistratura fino al 2020, ma volevo entrare in politica da cittadino, non da magistrato. E, per coerenza, ho dato le dimissioni. Prima di firmare quella lettera di dimissioni, mi tremava la mano perché è una scelta di vita, non ero sicuro». Poi ha spiegato la sua scelta di campo: «Il Pd mi ha offerto un’occasione democraticamente valida, anche perché questo partito con le primarie supera una legge elettorale che tutti criticano ma nessuno cambia. Questa è la mia nuova casa, qui mi trovo bene».

Impegno politico inteso come impegno civile

Per i fuochisti della macchina del fango, per i diffamatori di professione, il bersaglio è troppo grosso e popolare; un attacco frontale sarebbe un errore tattico fatale. Il magistrato è sempre stato pacato ed ha saputo spendere le sue parole, arrivando ad elogiare i governi presieduti da Berlusconi per alcune misure antimafia. Le sue dichiarazioni alla stampa sono state rilasciate con il bilancino ed è impossibile attribuirgli smanie di protagonismo. Il suo impegno politico, inoltre, ha la sostanza dell’impegno civile, come dimostrato anche dal titolo del suo ultimo libro, pubblicato da Sperling & Kupfer: “Liberi tutti. Lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia”.

Bersani: «Legalità come priorità assoluta»

Dal canto suo, Bersani è stato altrettanto attento: «Abbiamo scelto di mettere due parole, moralità e lavoro, davanti alla legislatura e la legalità come priorità assoluta per il nostro Paese. Ho chiesto a Pietro Grasso se era possibile darci una mano in questa riscossa». Sebbene il vocabolo “legalità” tolga il sonno a molti, nessuno è così ingenuo da ignorare che la parola traduca un bisogno prepotente dei cittadini, nauseati dalla corruzione di cui è stata protagonista la casta dei politici.

L’elogio di Marcello Dell’Utri

Uno dei primi a commentare positivamente la candidatura di Grasso è stato Marcello Dell’Utri, condannato a sette anni dalla procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa, in base ad una sentenza poi annullata dalla Corte di Cassazione che ha ritenuto carente l’apparato probatorio solo per un intervallo di 5 anni (dal 1977 al 1982), considerando invece provato il ruolo di “mediatore” svolto dal senatore Pdl nell’accordo protettivo per il quale Berlusconi pagò alla mafia “cospicue somme” (cliccare qui per leggere il post sulla sentenza).

In una intervista all’edizione italiana dell’Huffington Post, Dell’Utri ha lodato Grasso: «E’ sempre stato un magistrato equilibrato. Se volesse, sarebbe anche un ottimo politico. Invece, Ingroia è un fanatico». Poi, ha aggiunto: «Quel che mi stupisce è l’opportunità di una candidatura del genere. Detto questo, Grasso ha sempre svolto il suo lavoro con equilibrio, se volesse cimentarsi in questa impresa sarebbe un politico di tutto rispetto (…) Giudico bene il suo operato; è stato positivo e accorto. Si è impegnato sempre in modo concreto nella lotta alla Mafia. Francamente, questa sua candidatura mi stupisce. Non credo che alla fine si candidi. Non ci credo finché non lo vedo».
Il fair play del parlamentare potrebbe essere sincero ma, nella babele dei linguaggi, potrebbe perfino celare un invito a non strafare. Comunque sia, Dell’Utri non è uomo da sporcarsi le mani.

I tentacoli della macchina del fango

Il luogo della strage di Capaci

La macchina del fango si sposta sulle ali del pettegolezzo ed è volatile come ogni lezzo. Interrogando Wikipedia, sembra che il primo a parlarne sia stato lo scomparso – e bravo – Giuseppe D’Avanzo, in un articolo intitolato “Quando è nata la macchina del fango”, pubblicato dal quotidiano La Repubblica il 15 ottobre 2010 (cliccare qui per leggere l’articolo di Giuseppe D’Avanzo). Tuttavia, i suoi albori si possono rintracciare perfino negli articoli che Sciascia dedicò ai professionisti dell’antimafia, testi chiari e condivisibili che suscitarono un vespaio di polemiche 25 anni fa e che furono strumentalizzati da chi voleva isolare i nemici della Mafia. Sciascia e Falcone chiarirono le loro posizioni e si strinsero la mano, ma ciò non impedì ai burattinai di agire e di eliminare il giudice nella strage di Capaci. (Nella foto, il luogo della strage di Capaci).

I peones di Pdl e Lega già mormorano

I peones del Pdl e della Lega già mormorano e obiettano «Ma come? i magistrati non devono essere super partes? Noi non ci fidiamo di chi si schiera». Ovviamente, come tutti gli ingenui, hanno solo la colpa dei propri limiti; se in una testa entrano solo quelle pillole di pensiero liofilizzato che sono gli slogan, non si può pretendere che si aprano i varchi del dubbio. Basta rispondere o tentare di far capire che i magistrati non sono sacerdoti e che la loro vocazione non è di tipo religioso, ma professionale. I giudici sono dei tecnici del diritto e dell’amministrazione della giustizia. Politicamente possono anche essere degli estremisti ma, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno il dovere dell’imparzialità, nella misura maggiore umanamente possibile. Il peone a corto di argomentazioni replicherà che l’imparzialità non esiste (senza rendersi conto che, a tal punto, sarebbe inutile pretenderla), mentre chi ha più materia grigia forse rifletterà e si chiederà a che serve arruolarsi come fantaccino nell’esercito di chi mira a manovrarci.

Primi tentativi di sminuire l’avversario

Sul Foglietto (per numero di copie vendute) diretto da Giuliano Ferrara qualche articolista mette a confronto Ingroia e Grasso per creare un contrasto fittizio, in modo da sminuirli entrambi? Basta sorriderne e passare oltre. Berlusconi ha l’acqua alla gola, sia da un punto di vista politico, sia sotto l’aspetto economico delle sue aziende. Pertanto, c’è da supporre che gli attacchi contro gli avversari elettorali saranno duri e sempre più frequenti. La società civile – se esiste e non è una pia credenza degli ottimisti – dovrà attrezzarsi per non lasciare soli i suoi rappresentanti migliori, come avvenne con il generale Dalla Chiesa, con Falcone, Borsellino e tanti altri, eliminati da una Mafia che non sta solo in Sicilia e che non annovera unicamente affiliati armati di lupara. La Mafia è un’organizzazione, ma anche una forma mentis, un atteggiamento che punta a svilire per conquistare a poco prezzo.

La reazione stizzita di parte del mondo politico

Il deputato Francesco Paolo Sisto

Le risposte dei professionisti della politica sono ambigue e per tali vanno valutate. L’arrivo di Pietro Grasso crea scompiglio perché costituisce l’entrata in lizza di chi già conosce l’astuzia dei silenzi, delle mezze verità, dei colpetti alla cintola.
Questi, alcuni dei commenti riportati dall’Avvenire (cliccare qui per leggere l’articolo sull’Avvenire). Pier Ferdinando Casini: «Stimavo Grasso prima e lo stimo adesso». Pietro Ichino, ex Pd: «Come persona, non posso che dirne bene, ma sul passaggio così rapido dalla magistratura alla carica parlamentare, sarebbe opportuno prevedere un intervallo». Angelino Alfano, teorico segretario del Pdl: «(Sono) molto rammaricato; (Grasso) era un patrimonio nella lotta alla Mafia. Avrebbe potuto sottrarsi alla sfida. Invece va a sinistra: mi sembra la risposta di Bersani alla candidatura di Ingroia». Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo al Senato del Pdl, rimasto nella storia repubblicana per la frase “«Eluana (Englaro) non è morta, è stata ammazzata»: «Ancora in carica fa una conferenza stampa con Bersani in sede Pd; (Grasso) è riuscito a superare il guatemalteco (cioè Ingroia, n.d.r.). Complimenti, non era facile». Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl: candidatura «paradossale e inquietante». Francesco Paolo Sisto (nella foto), deputato Pdl: «Il sogno di una poltrona ha colpito ancora» (una affermazione che risulta comica, se fatta da chi, la poltrona, la occupa già da 4 anni).

La successione a Pietro Grasso, un fronte aperto

Pietro Grasso e Ilda Boccassini

Ultima nota. Attenzione, perché il fronte su cui potrebbe agire la macchina del fango non si limita all’ipotesi di Pietro Grasso quale probabile ministro della Giustizia, ma si estende alla sua successione nell’incarico di procuratore nazionale antimafia, un ruolo tanto delicato quanto pericoloso per chi ha interessi opachi. Come già titolato da Il Giornale, “Adesso si aprono i giochi per la Superprocura” (cliccare qui per leggere l’articolo sul sito de Il Giornale). Sulla poltrona che è stata occupata da Pietro Grasso per 7 anni, potrebbe andare a sedere Ilda Boccassini (nella foto, assieme a Pietro Grasso), la giudice dalla chioma fulva tanto temuta da Berlusconi e dalla ‘Ndrangheta che lei ha decimato al Nord (in una intercettazione fra ‘ndranghetisti, fu definita come una tosta, come un uomo con notevoli attributi da cui stare alla larga). Anche in questo avvicendamento professionale si possono rinvenire tracce della storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Bloccare per sempre la macchina del fango

Non possono essere sempre gli altri a difendere il nostro interesse ad una Italia migliore. E’ ora di imbracciare le armi della ragione e del dubbio. E’ ora di fare inceppare una volta per tutte la macchina del fango. Ai più accorti, si consiglia di leggere un editoriale di Alfonso Signorini, direttore della rivista “Chi”, solare e sconcertante (cliccare qui per leggere l’editoriale di Alfonso Signorini). Inconsapevolmente, il lezioso direttore dice più di quanto scrive: «(…) quando le chiacchiere si trasformano in fandonie belle e buone occorre prenderle per le orecchie e sottoporle al pubblico scherno. Come nascono le fandonie? Da un sentimento umano molto meschino, che grazie al cielo non ho la fortuna di conoscere: l’invidia. Quando non c’è l’invidia, subentra la dietrologia faziosa, quella che oscura il buon senso, impedendo di vedere le cose nella loro realtà».
Impedire di vedere le cose nella loro realtà è proprio l’obiettivo della macchina del fango.

Video con un passaggio della conferenza stampa di Pietro Grasso

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