Fabio Granata: 8
5 Nov 2012 | Di Giuseppe | Categoria: Le pagellineDi Fabio Granata, vice coordinatore nazionale di Futuro e Libertà (Fli), il nuovo partito di Gianfranco Fini, si possono ricordare le iniziative e le delibere amministrative a difesa dell’ambiente in Sicilia, le sue battaglie antimafia, alcune apparizioni televisive e voti parlamentari che denotavano insofferenza (e indipendenza) verso le scelte del Pdl, una recente intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica in cui rivendica una Destra fatta di galantuomini onesti, tradita dai Fiorito di turno. Da oggi, lo si potrà rammentare anche per un commento secco e salace su Francesco Storace, suo coetaneo ed ex compagno di partito nel Movimento Sociale Italiano (Msi).
L’occasione nasce dai funerali di Pino Rauti, storico esponente della Destra italiana, le cui posizioni e idee si rifacevano ad un fascismo popolare, con molti punti in comune con la Sinistra, come l’avversione al capitalismo. Le esequie di Rauti, morto a 86 anni il 2 novembre, si sono svolte oggi a Roma nella Basilica di San Marco. Al rito funebre ha partecipato pure Fini, accolto da contestazioni, sputi, insulti. «Buu!», «Vattene!», «Fuori, fuori!», «Badoglio»: in chiesa la protesta è stata tale da interrompere la funzione religiosa.
La calma è tornata solo dopo che Isabella Rauti, moglie del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha richiamato i presenti alla compostezza: «Vi prego, non è questo il momento; è il funerale di mio padre. Avete avuto altri momenti per farlo. Abbiate rispetto per mio padre e per la famiglia». Parole sacrosante, udite da tutti, ma forse non da tutti ben comprese.
Al termine, gli inevitabili commenti dei politici presenti. Uno dei primi interpellati dai giornalisti è stato Storace, più per diritto geo-politico che per autorevolezza (si era Roma e la Destra della capitale rendeva omaggio a Rauti). Riferendosi agli attacchi contro Fini, il segretario de La Destra ha dichiarato: «Su di lui si è scatenato il rancore di persone e comunità diverse che si ritrovavano nel lutto per un capo che se ne va in un mondo sempre più disperso e principalmente a causa sua. Fini avrebbe fatto bene ad astenersi; la sua, è apparsa ai più una presenza provocatoria, anche se forse l’avrebbe presa peggio se fosse stato ignorato» (articolo de Il Giornale).
Taglienti le parole di Granata, in merito alle critiche di Storace: «Fini, da cittadino e da leader politico coraggioso, ha reso omaggio a un personaggio che fa parte della nostra storia. Lo ha fatto a viso aperto, senza ricorrere ad alcun cerimoniale e affrontando le contestazioni. L’unico ad astenersi dal parlare dovrebbe essere Storace, ma il suo intervento, come sempre, è frutto del fatto che la sua presenza è passata inosservata» (articolo de La Repubblica). Qualche ora dopo, arriva la replica di Storace: «Granata sia più rispettoso del dolore di una comunità. Io passo inosservato, come dice lui, perché non ho una scorta monumentale per proteggermi dal disprezzo».
Probabilmente, il caos scatenatosi con l’arrivo di Fini ha radici lontane. Alla morte di Almirante, fondatore ed anima del Msi, la guida del partito venne affidata a Fini, suo pupillo che si era distinto al vertice del Fronte della Gioventù. Successivamente, nel 1990, durante il congresso di Rimini la segreteria del partito passò a Rauti, grazie alla coalizione con la componente di Domenico Mennitti. Dopo la sconfitta alle amministrative e alle regionali in Sicilia del 1991, però, il Comitato centrale destituì Rauti e conferì di nuovo la carica a Fini (pagina di Wikipedia). Il cambio di marcia non fu indolore, perché successivamente Rauti venne espulso dalla Fiamma Tricolore e fondò una sua formazione politica.
In sostanza, i rautiani considerano Fini un avversario ed una sorta di “traditore”, poiché la foga porta spesso a giudizi estremi.
Inoltre, contrariamente a quanto sembra immaginare il 99% dei lettori che lasciano commenti sul sito de Il Giornale (si legga in fondo alla cronaca sopra citata), Rauti si oppose alla svolta del Msi in Alleanza Nazionale, poi confluita nella Casa delle Libertà in base al cosiddetto patto del predellino, cioè dopo l’accordo con Berlusconi per creare una grande forza di Centro-Destra. Va sottolineato che Rauti, pur orbitando nella nuova coalizione, ha sempre tenuto distinti i suoi sostenitori, raggruppandoli sotto un proprio simbolo.
Pertanto, se si vuole seguire la cronologia politica e rispettare l’ordine dei fatti, i fischi contro Fini non vanno imputati alla sua uscita dal Pdl (plaudita da gran parte della vecchia base), ma a vicende interne della Destra che ha sempre rivendicato una sua identità, fino a che la Fiamma non si è spenta fra le troppe Libertà degli ultimi inquilini, cioè Forza Italia, alias Casa delle Libertà, alias Popolo delle Libertà, alias… chiedere all’ufficio marketing della Fininvest.
Mentre Fabio Granata sparava la sua stilettata mirando bene e senza indugio, tramite Twitter garriva Daniela Santanchè, una conclamata esponente di Destra che è partita dalle «palle mosce» attribuite a Fini, è transitata verso un «tanto non gliela do» (riferendosi ad una zona anatomica desiderata da Berlusconi, ma negata dalla gran signora di Cuneo), è finita con l’invocazione delle primarie Pdl e l’adulazione dell’ex premier con risoluzioni multitasking bipolari.
«Fini che vergogna presentarsi al funerale di una sua vittima» ha twittato la Santanchè (la pagina su Twitter), mostrando che stavolta l’unica vera vittima è la punteggiatura ed ignorando le decisioni prese nel 1991 – quasi a furor di popolo, dopo il crollo elettorale – dal Comitato centrale del Msi e non solo da Fini. La pasionaria indignata e porcellanata (senza uso del trattino, come ammiccherebbero i maligni) è la stessa che nel suo sito scrisse: «Se guardo alla mia destra, ad esempio a Pino Rauti, io sono tutta un’altra cosa. Rispetto quelle persone che per scelta o per età hanno fatto scelte diverse, ma il ventennio non mi appassiona» (pagina del 14 febbraio 2005).
A partita conclusa, Granata batte Santanchè per 8 a 2 (il 2 è motivato dal martirio della lingua italiana e dalla dichiarata estraneità a Pino Rauti, sui cui funerali la Garnero ha voluto comunque mettere becco, forse per le stesse ragioni di Storace).