Il legislatore: bocciato

30 Apr 2012 | Di | Categoria: Le pagelline

AzzeccagarbugliLe leggi sono quelle norme che regolano la vita di una collettività, affinché sia pacifica, proficua, ordinata. Il loro fine è quello di ridurre o eliminare il conflitto, di proteggere il bene comune.
Con il termine di “legislatore” viene definito il gruppo di individui delegato a scrivere testi che tutti devono rispettare per non mettere a rischio la coesione sociale.
Anche nelle collettività più primitive la legge è fondamentale. Perfino gli animali avvertono il bisogno istintivo di adeguarsi a principi, come quello di seguire il capobranco, di non entrare nella tana altrui, di lasciarsi morire quando si diventa un peso per la specie.

Purtroppo, la schiatta del legislatore italiano – di un determinato tipo di legificatore – sembra inamovibile e continua a prosperare, nonostante rappresenti un ostacolo sempre più arduo alla serena esistenza della cittadinanza.
Fra gli elementi che resero unica e potente l’antica civiltà romana spicca il Diritto, ancora oggi studiato nelle università di tutto il mondo, ispiratore di principi tuttora basilari.
L’Italia, che nei secoli passati fu la culla della Legge occidentale, da anni subisce un degrado giuridico che crea confusione, smarrimento, e che allontana la società da chi la governa tramite il potere legislativo.

Il cosiddetto “stato di diritto” poggia sulla certezza delle norme, cioè sulla loro corretta interpretazione e sulla conseguente sanzione in caso di violazione. E’ semplice. E’ il cardine della democrazia, dove a governare sono i delegati del popolo, i quali stabiliscono principi comuni.
Da anni ed anni, invece, l’Italia si trascina appresso una pletora di leggi, leggine e regolamenti che non favoriscono la convivenza, ma la disorientano, la vessano. Decine di migliaia di norme costringono le persone a pagare professionisti per capire gli errori da non comettere.
I signorotti del sopruso medievale e l’Azeccagarbugli di Manzoni vanno a braccetto più che mai, si sono ingrassati ed hanno fatto abbuffare burocrati, famigli, sodali, corrotti.
Eravamo i primi. Ora siamo fra gli ultimi.

Partendo dal falò strapaesano appiccato dall’ex ministro per la semplificazione legislativa, Calderoli, che bruciò pile di leggi oramai inapplicate da decenni, si può arrivare al guazzabuglio osceno di commi, sub-commi, lettere e numeri che caratterizza l’ultima produzione legislativa. Per capire meglio la gravità del problema, un cittadino di cultura medio-alta dovrebbe tentare di leggere gli ultimi decreti comicamente intitolati “Semplificazioni”.

Ignorantia legis non excusat, dicevano i latini; cioè, ignorare la legge non assolve dall’obbligo di rispettarla e non permette di evitare la punizione quando la si vìola.
Ma lanciare messaggi oscuri è il modo più efficace e subdolo per alimentare proprio l’ignoranza. Il dovere dei cittadini è quello di conoscere le regole dello Stato e delle organizzazione di cui fanno parte. Il dovere di chi scrive le leggi è quello di farle recepire, capire. Sono indispensabili chiarezza e sintesi.

Quando – stupidamente o ipocritamente – ci si chiede perché gli stranieri non investono più i loro denari in Italia, si forniscono risposte fantasiose oppure con qualche base di verità, come – ad esempio – il costo altissimo dell’energia di cui le industrie sono affamate. I più coraggiosi e sagaci azzardano che sia la burocrazia a spaventare le grandi imprese straniere. Fuocherello: la risposta si avvicina ad essere quella corretta.
Tuttavia, nessuno dice chiaro e tondo che il primo, vero spauracchio per un imprenditore che proviene da un Paese civile sono le leggi italiane, scritte male, incomplete, contraddittorie, infarcite di rimandi a non finire, di richiami che rasentano i rebus pur essendo molto meno divertenti.

Ricordo un docente di diritto del secolo scorso che insegnava in una università del Centro; ovviamente, lo ricordo perchè ero un suo (pessimo) studente. Parlando di una monografia di cui era autore (testo obbligato agli esami), sosteneva che bisognava formarsi anche su testi difficili, facendo rientrare fra questi il suo libercolo senza capo né coda. Rammento pure un alto magistrato che girava per gli atenei italiani con un suo volume di centinaia di pagine, dove si potevano rinvenire citazioni in latino, francese, tedesco, inglese e spagnolo, nonché periodi lunghi una intera pagina. Testi difficoltosi per la materia trattata e per i tecnicismi? No: libri scritti male. I vocaboli tecnici si imparano e consentono di snellire i discorsi, di capirsi al volo senza essere costretti a fare distinguo e spiegazioni. La lingua italiana ed il suo uso appropriato e funzionale sono altra cosa. Chi sa scrivere può produrre testi “pesanti”, complessi, densi di concetti, noiosi, impegnativi, ma non anacoluti, frasi sgrammatricate, “testi difficili” da comprendere perché vergati a zampe di gallina.

Le nostre leggi traballano non soltanto su una sintassi linguistica semi-analfabetica, ma vacillano anche a causa di una sintassi logica malferma, che si avvita su se stessa come un giocattolino per la prima infanzia.
La burocrazia e la corruzione che in essa alligna sono figlie di una legislazione inadeguata, scritta da chi avrebbe difficoltà anche a buttare giù un biglietto di ringraziamento, se non avesse un segretario pagato dai contribuenti per stilare il messaggio in un italiano accettabile.

Non è giunto solo il momento di smettere di saccheggiare le tasche dei cittadini. E’ arrivato anche il momento di risanare il “corpus giuridico”, di fare piazza pulita di ogni orpello, di sgombrare il campo da regole e regolette che richiedono circolari, risoluzioni, chiarimenti ai quali seguiranno altre delucidazioni, in una catena che è tragica e comica e che ci dipinge come un Paese arretrato, stupido, avvezzo a vivere alla giornata, ad arrangiarsi, a rattoppare invece che a costruire con rigore.
Per il legislatore è arrivato il tempo di imparare a scrivere.
Chi non sa farlo, torni a casa o vada a prestare la sua opera nei campi (non quelli del sapere, ma quelli del grano e della verdura).

A chi desiderasse un assaggio normativo, si suggerisce la conversione in legge del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, dove si arriva alla bella cifra di sub-commi quinquiesdecies:
http://blog.dossier.net/testo-completo-decreto-semplificazioni-tributarie/.

P.s. Domanda scema ai Professori che attualmente ci guidano: il vostro pudore non sussulta quando si partoriscono leggi come quella sopra citata? Non avvertite un tremolio che attraversa la bacheca dei vostri innumerevoli titoli accademici?

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  1. Sono talmente daccordo che la propongo come sottosegretario alla semplificazione linguistica delle leggi della Repubblica italiana.

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