Ladri di biciclette: Bartolini rinnegò il film di De Sica

21 Set 2008 | Di | Categoria: In primo piano, In primo piano: note

La locandina di Ladri di bicicletteDi recente, in occasione della pubblicazione di un pregevole volume da parte del Comune di Cupramontana (in provincia di Ancona), si è tornato a parlare di “Ladri di biciclette”, il film capolavoro di Vittorio De Sica, uno dei maestri del neorealismo italiano, premiato con 4 oscar (record raggiunto solo da Federico Fellini) ed osannato in tutto il mondo. L’opera, girata nel 1948, venne sceneggiata da un altro mito della cinematografia e della letteratura italiane: Cesare Zavattini.

Ebbene, oggi chi sospetterebbe che il film di De Sica e Zavattini non piacque affatto all’autore del libro (uscito anch’esso nel 1948), il marchigiano Luigi Bartolini? Alla ristampa edita nel 1954 da Vallecchi, fu accluso un foglietto rosso scritto dallo stesso autore che attacca la trasposizione cinematografica. Eccone il testo completo e fedelmente riportato:

Il film omonimo non rappresenta che la prima metà del romanzo. Ed anzi, il film si regge, artisticamente, soltanto nelle sequenze che meglio aderiscono al romanzo, e che rappresentano, assai bene, al vivo vero, quello che avevo rappresentato e descritto. Si tenga presente che lo sceneggiatore del film, appena ebbe letto il libro mi telefonò nei seguenti termini: “Ho trascorso la notte in bianco per leggere, tutto d’un fiato, il tuo meraviglioso romanzo; e, domani, lo passerò al regista proponendogli che lo rappresenti sullo schermo del cinema”.

La tesi del romanzo è antiflaubertiana; anti-Ottocentesca. Furono, infatti, i romanzieri francesi dell’Ottocento che eroizzarono, assecondando un mito demagogico, ninfomani provinciali sul tipo di “Madame Bovay” o poeti che, come l’ingenuo Verlaine, cantarono dei “cari ladri e dei dolci assassini”. In questo libro è, invece, il galantuomo che si prende il gusto di dare scacco matto ai ladri, riuscendo a rintracciarli attraverso i meandri di una Roma che, nell’anno 1944, era ancora in preda alla guerra civile, nel triste dominio dei ladri e degli assassini.

Una Roma d’eccezione, Ma, ed è superfluo l’aggiungerlo, se il romanzo assume il valore di un documento storico, resta fermo che non costituisce una diffamazione di Roma appunto perché descrive una Roma fuori della sua normalità. Nel film, che non definisce alcuna epoca, non si riviene un galantuomo neppure a pagarlo un occhio: invece, nel romanzo, i galantuomini danno scacco ai ladri.

Luigi Bartolini

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