Le parole dei cretini
23 Gen 2011 | Di Giuseppe | Categoria: OpinioniI cretini hanno adottato un nuovo vocabolo: gossip. Fa tanto chic, cultura cosmopolita e contiene quel pizzico di snobismo e distacco dalla plebe a cui hanno sempre ambito i poveri di spirito: nessuno aspira all’intelligenza più di un imbecille. Incapaci di discernimento, i cretini usano la parola “gossip” come una etichetta da apporre a destra e a manca, a ciò che brilla ed a ciò che fa ombra. L’importante è ergersi al di sopra degli altri, distinguersi dalla massa a mo’ di tronista, anche se è caratteristica della massa il parlare a vanvera. I cretini hanno vago sentore che il termine anglosassone significhi pettegolezzo e questo basta ed avanza per alimentare lo sdegno linguistico, per scansare ogni argomento con uno sprezzo dietro cui si celano ignavia e carenza di comprendonio.
Così, accade che anche in piazza, al mercato, dal barbiere, si levi il dito indice pronto a bollare il tema del giorno come gossip per servette. L’oltraggio all’etica, alla costituzione, ai principi democratici a cui assistiamo da tempo in Italia finiscono nel calderone del gossip, senza che il dubbio sfiori la temeraria vidimazione, senza che il servo si avveda di eseguire alla lettera i comandi del padrone.
Quando un indagato, un sospetto sensale come Emilio Fede, boccia arroganza e malcostume del potere con la sentenza “E’ solo gossip!”, i pappagallini del popolo ripetono assenzienti la parolina magica e si beano dello scatto in avanti del proprio vocabolario. Quando uno “one man show” (tradotto: uno che se la suona e se la canta) qual è Berlusconi definisce le infamanti accuse a suo carico come spionaggio e violazione della sua privacy, si alza il coro della servitù pronto all’osanna in nome della inviolabilità della sfera privata, senza mostrare alcuna capacità critica, unico vero indice di intelligenza. La privacy: ecco l’altro termine di cui gli italiani si sono innamorati, dopo una transitoria e brevissima passione per la parola “meritocrazia”, accantonata per sospetta pericolosità. Privacy si sposa bene con gossip e, insieme, i due vocaboli formano il binomio dei diritti che l’italiota è lesto a difendere con il coltello fra i denti. Naturalmente, solo pochissimi conoscono la legge sulla privacy in vigore nel Paese ed il confine fra interesse pubblico e ambito privato. Di conseguenza, può accadere che un medico imbecille voglia impedire al marito di assistere alla visita della moglie, perché in tal caso si violerebbe la privacy della signora (come accaduto a mio padre), oppure può succedere che un cittadino rifiuti di fornire dati già presenti in tutti i database della pubblica amministrazione. Di converso, l’esercito dei tutori della riservatezza non alza la voce contro la continua violazione della quiete domestica da parte dei call center che chiamano ad ogni ora del giorno, spesso con sfrontatezza e maleducazione, né si chiede come mai questo Governo, tanto attento al suo premier, da anni rimandi una regolamentazione della pubblicità telefonica, necessaria in un Paese civile.
Il popolo del “gossip” e della “privacy” è lo stesso che anni fa sproloquiava parlando di progressisti e conservatori, convinto com’era che i primi progredissero ed i secondi conservassero o fossero per la restaurazione. La gente è sempre la stessa; la vocazione della pecora, l’istinto del gregge sono uguali a 20-30 anni fa. Le facce sono un po’ cambiate, ma non è un caso che tanti di coloro che attaccavano la borghesia (altra etichetta miliare), o sfilavano col pugno alzato nei cortei, o firmavano appelli in favore dei presunti perseguitati politici (quando la Sinistra era pervasiva e prepotente e non l’ammasso politico in cerca d’autore che è ora), oggi militino nel calderone del Pdl, la mamma Lupa che con le sue generose tette allatta l’esercito degli ex, da Bondi a Cicchitto, da Pecorella a quel volantino parlante di Capezzone.
Gli innamorati delle bandiere rosse o del Garofano socialista hanno fatto presto a ritrovarsi sotto l’ala di Berlusconi e a rivoltarsi contro il grembo da cui era iniziata la carriera di maggiordomo: la Sinistra. Nonostante siano passati 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, nonostante non esistano più nemmeno le macerie del’eurocomunismo, il popolo degli zelanti si scaglia a scoppio ritardato (l’orologio degli italiani è sempre sincronizzato con quello dei potenti e non con quello della storia) contro il fantasma della Sinistra che, essendo solo uno spettro, fa fatica perfino a far uscire la sua voce.
“Gossipppp!”, “Privasiii!” o “Praivasiii”, “Comunistaaa!” sono le parole d’ordine dei quaquaraquà costantemente in allerta per correre in soccorso del vincitore (aforisma del grande Leo Longanesi che la pseudo-destra attuale si guarda bene dal rispolverare).
Aveva ragione Giuseppe Prezzolini (nella foto), esiliatosi in Svizzera, a indignarsi perché in democrazia il suo voto valesse quanto quello di un ignorante. Di questa stortura paghiamo il prezzo, anche con il lessico quotidiano.
Lìinfostrada mi subissa di telefonate e SE NE FREGA della mia privacy.
E grazie a Dio ho chiuso con la findomestic e non sarò MAI PIU’ suo cliente. Se c’erano problemi venivo chiamato, i miei recaoiti li avevano. Ma sul cellulare, quando ricevevo la chiamata e non rispondevo essendone impedito, non potevo richiamare. Il numero era blindato. Privacy.
In italiano PRIVACY non significa RISPETTO DELL’ALTRO. Significa: TU NON DEVI SAPERE I C….MIEI MA IO MI FACCIO I TUOI. E SE NON TI STA BENE, 25 ANNI DI GALERA SE SEI UN POVERO PRECARIO (MEGLIO SE IMMIGRATO) MA SE TI CHIAMI GIOVANGIORGIO AFAN DE RIVERA COSTAGUTI, FABRIZIO CORONA, FLAVIO BRIATORE O APPARTIENI ALLA FAMIGLIA ELKANN(tutti emeriti xxxxxx NdA) O SEI GIOVANNI BRUSCA (scioglitore di bambini nell’acido ed ora testimone protetto con laz….della moglie che fa shopping con l’autoblù-e io pago, NdA)TI CHIEDIAMO UMILMENTE SCUSA. E TI PULIAMO ANCHE CON LA LINGUA LE CHURCH’S PRESE DA MARINELLA (negozio per xxxxxx della napoli chic-ancora una NdA).
Coogan, la ringrazio del commento. Purtroppo, ho dovuto sostituire due parole con delle “x” per non incorrere in un eventuale reato di diffamazione.