Michel Martone: 4
24 Gen 2012 | Di Giuseppe | Categoria: Le pagelline Alla prima uscita nell’arena pubblica, senza scudi e scudieri, ha già fatto flop. Il viceministro del Lavoro, Michel Martone, un genio, stando al suo curriculum, il 24 gennaio 2012 ha sentenziato: «Dobbiamo iniziare a dare nuovi messaggi culturali: dobbiamo dire ai nostri giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni sei uno sfigato; se decidi di fare un istituto professionale, sei bravo e che essere secchioni è bello, perché vuol dire che almeno hai fatto qualcosa».
La sparata, che fa da scia alla bieca definizione di “bamboccioni” data dal fu Tommaso Padoa Schioppa ai giovani costretti a restare nella casa di mamma e papà fino a 30-40 anni, è stata lanciata durante la “Giornata sull’apprendistato” organizzata dalla Regione Lazio nella sede dell’ex opificio Telecom a Roma. «Bisogna dare messaggi chiari ai giovani», ha chiosato il professore universitario 38enne, “che ha subito incassato il plauso del direttore generale della Luiss, Pierluigi Celli” (come si legge su Il Giornale), lo stesso Celli che appena due anni fa invitò pubblicamente il figlio ad abbandonare l’Italia (cliccare qui per leggere l’articolo).
Tralasciando di commentare le eccellenze ereditate col patrimonio genetico (chissà perché, i curriculum dei figli di noti avvocati o medici o professori universitari o alti burocrati, ecc. ecc. spesso sono roboanti tanto quanto quelli dei papà), va detto che anche una persona di cultura medio-bassa o con una banale conoscenza dei fatti della vita quotidiana sa quanto funzioni male il cosiddetto ascensore sociale in Italia, soprattutto negli ultimi anni. In parole povere, in questo Paese è più facile che il figlio dell’idraulico resti per tutta la vita nella propria fascia sociale piuttosto che avanzi ad un livello più alto, così come è molto probabile che il figlio di un privilegiato conserverà il suo status cammin facendo.
La naturale aspirazione a migliorare la propria condizione di vita incontra più ostacoli in Italia che altrove. Inoltre, in tempi di profonda crisi, lo stesso ascensore sociale smette di funzionare a singhiozzo e rischia di bloccarsi del tutto: chi è ricco diventa più ricco; chi è povero resta povero se ha fortuna, o si immiserisce ancor più. L’Italia, come Repubblica fondata sul lavoro, fa acqua da tutte le parti e se ne ha prova in questi giorni, con le lobbies scatenate (e vittoriose) nella salvaguardia delle posizioni consolidate.
Insomma, anche un cretino avrebbe evitato di definire “sfigato” chi non è laureato a 28 anni.
Possibile che il dott. prof. avv. Martone non riesca a capire che molti giovani lavorano e studiano, vivono situazioni difficili in casa, hanno il padre disoccupato o cassaintegrato, lottano con la burocrazia per sopravvivere o per accaparrarsi una delle rare borse di studio concesse ai meno abbienti? Possibile che in una mente così brillante da guadagnarsi una cattedra universitaria da professore associato a soli 27 anni nell’università di Teramo, dove attualmente è docente ordinario di Diritto del lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza (cliccare qui per leggere il curriculum o, meglio, il cursus honorum di Martone nel suo sito web), non si renda conto che in questa fase storica il messaggio da lanciare è quello del fare, del divenire, dell’evolversi, compresa la laurea a 28-30 anni, se nel frattempo si è lavorato e ci si è corciati le maniche per andare avanti?
Parlare di “sfigati” significa tirare in ballo il fattore “C”, un ingrediente che ben conoscono tutti quelli che da soli, affidandosi unicamente alle proprie forze, senza compromessi, senza amicizie di comodo, senza inchini, a schiena dritta e non rinunciando mai alla propria libertà di azione e pensiero, sono riusciti ad andare avanti ed a conquistarsi spazio ed autonomia, consapevoli che comunque la fortuna (il fattore “C” per triviale catalogazione) svolge un ruolo importante ed a volte fondamentale.
Da un giovane che sale in cattedra a meno di 30 anni ed a 38 arriva agli scranni di un ministero, ci si devono aspettare maggiore assennatezza, acutezza, conoscenza della vita.
Altrimenti, rischia di sorgere spontanea la domanda: “ma questo rampollo come ha fatto ad arrivare alla carica di vice-ministro, se alla prima uscita pubblica, al di fuori degli ovattati ambienti consueti, spara frasi così approssimative, oltraggiose, azzardate?” Che contributo può dare al Paese chi dallo stesso Paese ha avuto tanto senza intravvederne limiti, difetti, ingiustizie, disfunzioni?
A proposito degli strani casi della vita e dell’irritante gioco delle parti a cui il cittadino comune è costretto ad assistere: il figlio del rettore Pier Luigi Celli, Mattia, non ha mai lasciato l’Italia seguendo l’accorato appello del papà ed ora lavora come ingegnere alla Ferrari (cliccare qui per leggere l’articolo).
Per avere una più chiara idea dell’humus che ha partorito il prode vice-ministro Michel Martone, della sua famiglia, delle frequentazioni e delle cariche, si rimanda al seguente articolo pubblicato dal settimanale L’Espresso: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/e-questo-e-il-giovane-al-governo/2172086.
Per concludere: Martone ha replicato alle inevitabili critiche dicendo «Non ho avuto sobrietà (…). Mi scuso per i toni, ma il tema resta». E’ vero, il tema resta. Anzi, ne restano tanti, dalle carriere universitarie sovente bloccate per i più meritevoli (ne conosco più d’uno), alle cricche trasversali e sempiterne dei soliti noti pronte a figliare e ad affiliare, dalla classe politica così inetta nel governare da aver ridotto sul lastrico il Paese nonostante una pressione fiscale al 50%, ai cretini che votano chi racconta più favole, ai privilegiati che invitano i ragazzi a scegliere scuole professionali perché temono di restare senza idraulico.
A difettare non è stata la sobrietà, ma il minimo buon senso.
Martone enfant prodige della politica italiana? Per ora, solamente enfant, siamo sobri.
P.s. Che bello leggere nella pagina personale del vice-ministro le seguenti frasi: “Quando sono di buonumore gioco a pallacanestro, quando sono di cattivo, scrivo: di egoismo generazionale, veto player, outsider, mal di merito, labirinti, da quello fiscale a quello della precarietà, castelli, fatti di leggi e ipocrisie, ma anche, quando c’è il sole, di bene comune, riforme, impegno, futuro e speranza.”
Per qualche labirintico percorso mnemonico, mi tornano in mente le parole di un allegro anzianotto che invitava i concittadini a spendere e che propagandava l’immagine di una Italia in festa sugli aerei delle vacanze o al ristorante.
Per associazione di idee, torna in mente l’esame da avvocato sostenuto a Reggio Calabria nel 2002 dall’ex ministro alla pubblica istruzione, la bresciana Mariastella Gelmini, anche lei molto sensibile ai criteri della meritocrazia nella scuola italiana.
Infine, per completare il quadro, ecco il link della lista dei docenti – con relativi curriculum – dell’università di Teramo, nella quale transitò pure l’ex ministro Renato Brunetta che nel 1999 vi ottenne l’idoneità di Professore Ordinario (l’articolo de L’Espresso): cliccare qui.