No alla protezione per Spatuzza
16 Giu 2010 | Di Giuseppe | Categoria: In primo piano: newsNonostante il parere contrario dei magistrati, il Viminale (cioè il ministero dell’Interno, presieduto dal leghista Roberto Maroni) ha negato a Gaspare Spatuzza l’ammissione al programma di protezione. Spatuzza è il pentito di mafia che il 4 dicembre 2009 depose a Torino nel processo d’appello contro il senatore Marcello Dell’Utri e che parlò di presunti rapporti tra i boss mafiosi Graviano e Silvio Berlusconi. Il programma di protezione è stato negato perché il detenuto avrebbe raccontato i fatti di cui è a conoscenza oltre i 180 giorni stabiliti dalla legge sui pentiti. Va sottolineato che Spatuzza viene considerato attendibile dai magistrati delle procure di Firenze, Palermo e Caltanissetta. Lo stesso collaboratore di giustizia, che ha raccontato degli attentati compiuti da Cosa Nostra nel 1993 (la strage di via dei Georgofili, in cui morirono 5 persone ed altre 48 restarono ferite; gli attentati alle chiese di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro, a Roma; la strage di via Palestro a Milano, dove un’autobomba provocò 5 morti), ha confessato due stragi di cui non era accusato dimostrando, secondo il suo avvocato, la più ampia disponibilità verso gli inquirenti. La decisione, approvata in coro dalla maggioranza, è stata aspramente criticata dall’opposizione; secondo Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, “Da oggi, Spatuzza è un morto che cammina“.
Singolare la coincidenza che proprio i termini di legge consentirono a Giuseppe Graviano (fratello di Filippo e capo della cosca del Brancaccio di Palermo, ritenuta una delle più spietate) di vedersi revocare il regime del carcere duro previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario, poche settimane dopo che aveva dichiarato di non conoscere né Dell’Utri, né Berlusconi.
Nella stessa giornata di martedì 15 giugno 2010, sempre in tema di criminalità, un’altra sorpresa è giunta da Vienna. L’Osce, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ha invitato l’Italia a rinunciare o a modificare il disegno di legge sulle intercettazioni, appena approvato dal Senato e di prossima discussione alla Camera. Secondo l’organizzazione comunitaria, le norme previste potrebbero ostacolare seriamente il giornalismo investigativo nel Paese. Il Ministero degli Esteri italiano ha risposto immediatamente, giudicando “inopportuno” l’intervento, mentre il premier Berlusconi avrebbe respinto le critiche sostenendo che la sovranità è del Parlamento e gli organismi internazionali devono rispettarla.