Pdl spaccato? Macché, manovre di retrobottega
17 Nov 2013 | Di Giuseppe | Categoria: OpinioniPdl spaccato? Macché: tanto fumo e poco arrosto. Anzi, più calcoli della serva che divergenze politiche, più regolamento di conti interno che differenza di vedute sul bene del Paese. La rinascita di Forza Italia, senza Alfano, Cicchitto ed ex colonnelli di stanza ad Arcore e Palazzo Grazioli, è solo l’ennesima operazione di maquillage compiuta da un ometto che non solo non sa accettare la corsa del tempo, le alterne fortune politiche e l’inevitabile avanzata dei più giovani, ma che non riesce nemmeno a digerire le sconfitte più meritate, come la condanna definitiva per aver frodato il fisco (processo Mediaset).
Pdl spaccato fra lealisti e filo-governativi
Chissà come il popolino della libertà avrà accolto la notizia. L’ala più oltranzista del partito fondato da Silvio Berlusconi è quella che pratica poco l’analisi logica – in tutti i sensi – ma che spesso va in overdose di avverbi (sicuramente, certamente, ecc.), di superlativi (gravissimo, acerrimo, ecc.), di aggettivi da Alice nel Paese delle Meraviglie (inaudito, incredibile, mai letto, mai sentito, ecc.), di termini che suonano bene ma si capiscono male (giustizialista, forcaiolo, ecc.). Questa fascia di elettorato, più avvezza ad informarsi in piazza e davanti alle tv Mediaset che sulla stampa meno asservita, ha di nuovo usato l’accetta per individuare la verità, non sapendo avvalersi del bisturi o del discernimento: da una parte collocano i “fedelissimi” (quasi si potesse essere fedeli part-time) e dall’altra i traditori come Alfano (in primis), visto come il rampollo ingrato. Naturalmente, Berlusconi ha assecondato queste classificazioni, perché è sulla sommarietà che ha fondato le sue fortune politiche, rievocando addirittura i fantasmi di un comunismo che neanche in Cina ha più diritto di cittadinanza.
Berlusconi e lo smacco della condanna
In realtà, che cosa è successo? Alla base della scissione non c’è alcuna ingratitudine, né alcun atto di amore verso il Paese e le sue sorti oramai disperate. E’ accaduto che le seconde file di un tempo hanno colto l’occasione buona per scalzare l’élite al comando del Pdl. L’opportunità è stata offerta dal processo Mediaset e dalla conseguente fuoriuscita del caro leader dal Parlamento, come previsto dalla legge e dal buon senso. L’evasore fiscale Berlusconi, pur essendo stato difeso in tre gradi di giudizio dai migliori avvocati, pur avendo arrangiato norme e termini di prescrizione come gli conveniva, grazie alla più solida maggioranza parlamentare del dopoguerra, non ha potuto evitare la pena del carcere (che non sconterà mai per limiti di età) e l’interdizione dai pubblici uffici, da cui deriva la sua espulsione da Palazzo Madama, frequentato una sola volta (1 sola volta) durante il suo mandato.
Trattativa Stato-Mafia 2.0
Per l’unto dal Signore e dal visagista personale, lo smacco è stato duro e così ha deciso di aggrapparsi a tutto pur di non fare applicare nel suo caso la legge Severino, la quale prevede la decadenza dalla carica senatoriale per chi ha la fedina penale molto sporca (è così difficile concordare con una norma per tenere lontani i pregiudicati da un’assemblea che dovrebbe rappresentare al meglio il popolo italiano?).
La decisione di Berlusconi è stata drastica, benché in linea con il personaggio ed il suo operato: adeguare la vecchia trattativa Stato-Mafia (in senso lato) agli anni Duemila, inaugurandone la versione 2.0. “Se la commissione vota la mia decadenza, io faccio cadere il governo”. Il ricatto è evidente, anche se i peones si sono sbracciati per giustificarlo in mille ed uno modi, dalla impossibilità di tenere fuori dai palazzi del potere il leader di un partito con milioni di elettori, all’omicidio politico che rasenta il sublime per la sfacciataggine e la fantasia terminologica.
La decisione del salto nel vuoto
A questa decisione estrema, forse presa per puntiglio, forse presa per calcolo (il processo Ruby incombe, assieme a quello sull’Unipol ed a quello per la presunta corruzione del senatore De Gregorio), una parte del Pdl ha reagito con un soprassalto, perché la caduta del governo sarebbe disastrosa, benché Enrico Letta sembri un premier fantasma, un signore passato per caso nei dintorni di Palazzo Chigi dove è finito a fare più chiacchiere che fatti, uno che potrebbe pure essere definito “presidente-velina”.
La caduta del governo farebbe crollare ulteriormente le quotazioni finanziare dell’Italia e la nazione finirebbe per essere commissariata dall’Unione Europea che ha comprato gran parte del debito pubblico. A pagarne le conseguenze con lacrime e sangue sarebbero gli elettori, i quali, nel segreto dell’urna, potrebbero perfino decidere di salutare in massa il Pdl ed i suoi esponenti. Insomma, togliere la fiducia a Letta equivarrebbe ad un salto nel vuoto con quasi certo ritorno alla vita civile.
Avanzano le ballerine di seconda fila
A questo punto, di fronte alla titubanza del cerchio magico berlusconiano, le ballerine di seconda fila hanno spiccato il salto e si sono portate sul proscenio per fare la danza del ventre all’anziano di Arcore e per recitare la parte dei lealisti, pronti a farsi massacrare pur di non tradire il proprio padre spirituale. Parlando più chiaro: su quale elettorato può contare una Daniela Santanchè che fu candidata a premier da La Destra di Storace e raccolse un pugno di voti? Chi scriverebbe il nome della Biancofiore sulla scheda? e Brunetta? l’eterno candidato al Nobel – a suo dire – sa parlare, si professa grande economista, ma come politico non pare avere un solido rapporto con i cittadini.
Minestra indigesta o gradita alla mensa di Arcore
E così, alla mensa di Arcore, c’è stato chi ha rifiutato la minestra temendo di beccarsi una gastroenterite elettorale e chi, invece, se l’è bevuta tutta pur di compiacere il tronfio commensale seduto a capotavola. “Con Berlusconi, lo scranno è assicurato” avranno pensato e detto i nuovi componenti del cerchio magico. “Seguendo Berlusconi, ci prenderanno a pistolettate” sarà stata la riflessione dei tanti – più del previsto – che hanno preso le distanze dal pregiudicato di Arcore.
La reazione dei politici di lungo corso
In questa battaglia, i veri vincitori sono proprio le ballerine sbucate dalle quinte, le riserve in campo. Poco alla volta, sono riuscite ad estromettere dai vertici del partito, i politici di lungo corso che non li hanno mai accettati. Figurarsi se uno come Formigoni prenderebbe mai ordini da una Garnero ex Santanchè, zarina o pitonessa che si voglia. I malumori fermentavano da tempo e dall’estate scorsa, quando si profilava la débacle giudiziaria del Cavaliere, ognuno ha iniziato ad affilare le armi. Alfano, che forse è più sveglio di quanto sembri, ha ingoiato un intero stagno di rospi nel corso del tempo, passando da segretario fantoccio a delfino affogato, ma non se l’è sentita di mettere in gioco la sua carriera politica per un volo alla Icaro: gli italiani accetteranno la sfiducia al governo? e, se l’accetteranno, in caso di vittoria alle prossime elezioni, chi siederà ai vertici del partito? Sulla poltrona di segretario si vedranno le gambette di Angelino o le cosce di Angelina (intese come quelle di una delle numerose signorine al capezzale di Berlusconi)?
Senso di responsabilità soffocato dalle faide
In conclusione, chi sperava che i politici avessero finalmente preso a cuore il destino dell’Italia dovrà accettare prima o poi che nulla è cambiato, se non i fattori di una moltiplicazione annosa calcolata a vantaggio dei soliti potenti. Secondo molti economisti, oramai è tardi per il Paese e le sorti della Grecia ci attendono ad un passo, poiché il debito pubblico ha sfondato ogni barriera di sostenibilità. Non ci sono atti di responsabilità alla base dei recenti ed apparenti sconquassi politici, ma soltanto manovre di retrobottega. Nessuna speranza anche per chi guarda al fronte opposto, a coloro che Berlusconi continua a chiamare “comunisti” a scopo di propaganda, e che si stanno rivelando come una resurrezione della vecchia Democrazia Cristiana, con tessere sospette, faide interne, correnti e contro-correnti che nulla di buono possono portare alla cittadinanza.
Spettacolini mentre il Titanic cola a picco
Siamo sulla tolda del Titanic: a sinistra c’è l’orchestrina del Pd con musicisti che seguono spartiti diversi suonando una marcetta cacofonica; a destra, c’è una pantomima fra redivivi Abele e Caino così poco credibili da far pensare piuttosto al Gatto ed alla Volpe della favola di Pinocchio; al centro, c’è il vuoto degli zombies.
Purtroppo, nemmeno mentre il nostro Titanic affonda ci viene riservato uno spettacolo decente.