Sentenza Mediaset, menzogne e silenzi
31 Ott 2012 | Di Giuseppe | Categoria: OpinioniMartedì, 30 ottobre 2012. Il programma televisivo “Ballarò”, condotto da Giovanni Floris, è dedicato ai risultati delle elezioni regionali in Sicilia. Fra gli altri, in studio sono presenti tre ospiti che dovrebbero conoscere la cronaca, soprattutto quella recente, per professione o vocazione: il direttore de L’Espresso, Bruno Manfellotto; il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti; il sindaco di Firenze ed aspirante leader del Pd, Matteo Renzi.
Dibattendo sulla crisi del Pdl e sul suo deludente risultato siciliano (i consensi sono scesi di circa 2 terzi), si finisce per parlare di Berlusconi e del suo repentino ritorno alla politica attiva, subito dopo l’annuncio dell’abbandono. Berlusconi ha reso pubblico il cambiamento delle sue intenzioni durante una conferenza stampa il 27 ottobre a Villa Gernetto, il giorno dopo essere stato condannato in primo grado a 4 anni di reclusione dal Tribunale di Milano per frode fiscale e 2 giorni dopo aver conclamato il suo ritiro, fra lo scetticismo di molti esponenti politici (cliccare qui per leggere l’articolo del Corriere della Sera).
La filastrocca della «incredibile» sentenza
Sallusti coglie la palla al balzo e ripete la filastrocca dei fedelissimi del Cavaliere: «Si è trattato di una sentenza politica», del tutto immotivata. Poi, il direttore de Il Giornale ha spiegato le incongruenze dello stesso verdetto, emesso contro il suo datore di lavoro e definito «incredibile» dagli avvocati difensori.
Sallusti sciorina le cifre a sostegno della sua tesi che, guarda caso, coincide con quella della difesa. Eccone la sintesi: «Berlusconi è il primo contribuente italiano ed ha versato al Fisco 1 milione e 400.000 euro al giorno, negli anni passati al vaglio della magistratura. I giudici di Milano lo hanno condannato per una presunta evasione fiscale di 400.000 euro all’anno per 5 anni; cioè, per una inezia rispetto alle tasse pagate. In pratica, gli è stata contestata una frode equivalente a 2 ore, 2 ore e mezza di un singolo giorno. Non è credibile creare un meccanismo così sofisticato per evadere spiccioli, visto quanto versa ogni anno Berlusconi».
In studio, Floris, Manfellotto e Renzi non hanno replicato. Da un punto di vista logico, il telespettatore comune ha condiviso lo scetticismo di Sallusti, poiché rischiare il carcere per poche centinaia di migliaia di euro è folle, quando se ne maneggiano ed incassano centinaia di milioni all’anno.
Quanto riferito da Sallusti e trasmesso in tutti i sensi ai cittadini è falso ed è grave che due professionisti dell’informazione (cioè, Floris e Manfellotto) non abbiano puntualizzato fatti facilmente conoscibili ed arguibili.
Se Berlusconi avesse davvero pagato 1 milione e 400.000 euro di imposte al giorno, a fine anno avrebbe versato al fisco oltre 500 milioni di euro (per la precisione, 511 milioni di euro). Un calcolo semplice, che si può fare subito a mente. Considerando che Berlusconi è straricco nei fatti e nell’opinione comune, il risultato dell’operazione aritmetica appare plausibile e quindi convincente. Nei fatti, però, è sbagliato; sarebbe bastato dare una veloce lettura alla sentenza di Milano ed alle sue motivazioni per capirlo.
Alcune precisazioni preliminari
La prima è che Berlusconi è stato l’uomo più ricco d’Italia – e, conseguentemente, si suppone, il primo contribuente del Paese – dal 2001 al 2007 (anno in cui il suo patrimonio è stato calcolato assieme a quello della sua famiglia), in base alla statistica annuale stilata dalla rivista economica Forbes. Dal 2008 al 2012, il primato è passato a Michele Ferrero ed alla sua famiglia (cliccare qui per leggere la classifica parziale).
La seconda precisazione è un corollario emerso dall’analisi dei dati, che costituisce una risposta a chi ha sempre sostenuto la generosità dimostrata dal Cavaliere scendendo in politica; secondo gli apologeti, gli affari di Berlusconi sarebbero stati fortemente penalizzati dalla nascita di Forza Italia e dall’impegno politico del grande imprenditore. Anche in questo caso, la rivista Forbes(cliccare qui per leggere l’articolo), quasi una Bibbia per il mondo della finanza, fornisce una netta smentita.
Come mostrato dal sottostante grafico, il patrimonio personale di Berlusconi è salito in modo vertiginoso proprio dopo la sua entrata in politica, passando da meno di 2 miliardi di dollari nel 1994 a quasi 13 nel 2000, per attestarsi a poco meno di 8 nel 2011. A sostegno – se mai servisse – di quanto pubblicato da Forbes, si può citare un articolo pubblicato dal quotidiano Repubblica e redatto da Ettore Livini, in cui si legge che il Cavaliere di Arcore dal 1994 ad oggi ha guadagnato 400 mila euro al giorno, passando da 162 milioni a 3 miliardi di patrimonio personale (cliccare qui per leggere l’articolo).
Per completezza di informazione, si riporta quanto scritto su Wikipedia a proposito della Fininvest (e verificato con le notizie di archivio). “Nel 1993 la Fininvest risulta essere la seconda impresa italiana per indebitamento: in base ai bilanci 1992, Mediobanca calcola che Fininvest ha debiti per 3,4 volte il capitale. Per salvare la società, Berlusconi rivoluziona il gruppo chiamando nell’ottobre 1993 Franco Tatò a fare da amministratore delegato e si dà il via a una ristrutturazione che porterà anche alla quotazione in borsa, cosa che in effetti darà dei buoni frutti già nel primo anno, anche se l’indebitamento aumenta soprattutto per colpa del settore televisivo. Quest’ultimo verrà perciò riorganizzato come Mediaset Spa e aperto a soci esterni (Al Waleed, Leo Kirch, Johann Rupert) nel 1995, e quindi collocato in borsa nel 1996” (cliccare qui per leggere la pagina di Wikipedia).
Le menzogne raccontate a Ballarò da Sallusti
Purtroppo, Sallusti non disponeva di un pallottoliere nello studio e non si è potuto rendere conto che i presunti 400.000 euro all’anno sottratti al fisco, moltiplicati per 5 anni (affermazione dello stesso giornalista, che non trova riscontro nella sentenza che parla di 3 anni esaminati), danno come risultato 2 milioni di euro; altrettanto approssimativo risulta il calcolo in base al quale la somma rappresenti solo due ore del guadagno giornaliero berlusconiano (o delle tasse quotidianamente pagate, non si è capito bene).
Tuttavia, è caritatevole non infierire sul direttore del quotidiano di casa Berlusconi, perché va considerato il suo periodo di forte stress psichico e neuronale, causato dalla recente condanna a 14 mesi di carcere per diffamazione a mezzo stampa e dalla definizione di “delinquente abituale” attribuitagli dalla Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza.
Che cosa dispone davvero la sentenza Mediaset
Innanzitutto, la cifra di 10 milioni di euro presa a riferimento da Sallusti è una provvisionale da versare all’Agenzia delle Entrate come risarcimento per le tasse non pagate. Si tratta, cioè, di un acconto, poiché l’entità totale dell’evasione fiscale dovrà essere determinata da una sentenza civile; per ora, la pronuncia in primo grado del Tribunale di Milano riguarda soltanto l’aspetto penale. Pertanto, se si farà in tempo ad arrivare al giudizio della Cassazione (i termini della prescrizione sono brevi e scadranno nel 2014, dopo essere stati tagliati con le cosiddette leggi ad personam sotto i governi presieduti dallo stesso Berlusconi), il risarcimento complessivo dell’attualmente presunta evasione fiscale dovrebbe essere di gran lunga superiore.
A conclusione del processo, Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, alla interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per 3 anni, all’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per 3 anni, alla interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per 4 anni, alla interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria. In solido assieme agli altri condannati, dovrà versare la citata somma di 10 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate.
CLICCARE QUI PER LEGGERE LA SENTENZA DEL PROCESSO MEDIASET E LE SUE MOTIVAZIONI.
I giudici hanno ritenuto il leader del Pdl colpevole di «frode fiscale» sui diritti tv acquistati all’estero da Mediaset nel periodo 1994-1998 tramite l’intermediazione fittizia del produttore americano Frank Agrama; gli effetti tributari di queste operazioni si sarebbero protratti sino agli anni 2002-2003.
La sentenza ha assolto il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, per “non aver commesso il fatto”. Al manager Daniele Lorenzano è stata inflitta una pena di 3 anni e 8 mesi. Un’altra manager, Gabriella Galetto, è stata condannata a 1 anno e 2 mesi di carcere.
Tutte le pene sono condonate nella misura di tre anni, grazie all’indulto concesso con l’articolo 1 della legge n. 241 del 2006. Va precisato che l’indulto non ha effetto sulla interdizione dai pubblici uffici. Di conseguenza, qualora il verdetto divenisse definitivo, Berlusconi perderebbe il seggio parlamentare.
Inoltre, se all’ex premier fosse comminata una condanna definitiva superiore a 2 anni di reclusione anche al termine del processo sul caso Ruby, attualmente in svolgimento, la revoca del condono sarebbe automatica, determinando l’immediata esecutività di entrambe le pene.
Per Berlusconi, le decisioni del collegio giudicante, presieduto da Edoardo D’Avossa, hanno superato le richieste dei pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, che avevano sollecitato una punizione di 3 anni e 8 mesi di prigione.
I reali guadagni di Berlusconi, tratti dalla sentenza
Questo è lo specchietto riportato a pagina 5 della sentenza, limitato al 26 ottobre 2004. Come si nota, nel 2001 il datore di lavoro di Sallusti dichiara guadagni per 503 milioni di euro ed è aritmeticamente e fiscalmente impossibile che abbia pagato tasse per 511 milioni di euro.
anno | redditi dichiarati | redditi effettivi | imposta evasa |
2000 | 841 miliardi di lire | 889 miliardi di lire | 17,5 miliardi di lire |
2001 | 503 milioni di euro | 522 milioni di euro | 6,6 milioni di euro |
2002 | 397 milioni di euro | 410 milioni di euro | 4,9 milioni di euro |
2003 | 312 milioni di euro | 320 milioni di euro | 2,4 milioni di euro |
Dal 2001 al 2003, il totale della imposta evasa secondo la Corte è di 13 milioni e 900.000 euro. Sommando i totali dichiarati, si arriva alla cifra di 1 miliardo e 212 milioni di euro che, tassati alla media del 44% senza tener conto di deduzioni e detrazioni, portano ad un esborso teorico triennale di 533 milioni e 280.000 euro.
N.b.: l’anno 2000 è riportato nel documento, ma non è stato considerato nel dispositivo della sentenza perché stralciato a seguito di intervenuta prescrizione.
Elementi da non sottovalutare prima di trarre conclusioni
La prima considerazione da fare è che il reato di frode fiscale appare secondario rispetto al vero scopo del meccanismo fraudolento messo in atto, sempre stando alla pronuncia giudiziaria di primo grado. A lume di logica, il vero obiettivo era la costituzione di fondi neri in paradisi fiscali, cioè in casseforti fuori da ogni controllo, accantonando cifre rilevanti nell’arco di soli 3 anni (13 milioni e 900.000 euro corrispondono a 26 miliardi e 914 milioni di vecchie lire).
Il secondo elemento da considerare è che la presunta truffa è stata portata avanti per circa 20 anni, cioè dalla metà degli anni ’80. I pubblici ministeri hanno chiesto la prescrizione per i pagamenti fittizi anteriori al 19 marzo 1995 e le famigerate leggi ad personam – fra le quali l’abolizione del reato di falso in bilancio – hanno falcidiato il numero di anni in cui sarebbero stati commessi i reati, tanto che il verdetto emesso il 26 ottobre è focalizzato sul 2001, 2002, 2003. Sui restanti 15-17 anni è calato il velo della non procedibilità.
Il terzo elemento da non dimenticare è che le cifre sopra riportate costituiscono l’evasione fiscale calcolata su ultime quote di ammortamento pluriennale, relative a costi dichiarati in precedenza: quando una società effettua un ingente investimento, esso non può essere ammortizzato subito (cioè dedotto dalla denuncia dei redditi annuale), ma deve essere “rateizzato” e scalato dalle tasse in un arco di tempo piuttosto lungo. Ad esempio, per un investimento di 100 milioni di euro, potrebbe essere previsto un ammortamento di 10 milioni di euro da dedurre in 10 anni. L’evasione fiscale di 13,9 milioni di euro contestata a Berlusconi non rappresenta l’ammontare dell’intera frode perpetrata, ma soltanto una frazione di essa, riconducibile ad un acquisto di programmi a prezzi gonfiati di gran lunga più “corposo”, avvenuto parecchio tempo prima. In soccorso del leader del Pdl non è intervenuta solamente la riduzione dei termini di prescrizione approvata dalla maggioranza di Centro-Destra con la cosiddetta legge ex Cirielli, ma anche l’obbligo di calcolare l’evasione fiscale unicamente su quote di ammortamento e non sulla totalità di un fittizio investimento compiuto da Mediaset.
Si riporta un brano del resoconto pubblicato dal Corriere della Sera (cliccare qui per leggere l’articolo). “All’inizio, Berlusconi rispondeva anche di «appropriazione indebita» fino al 1999 e di «falso in bilancio» sul 1998”. Tali imputazioni sono state però spazzate via nel 2007 “dalla prescrizione che nel luglio 2014 passerà la spugna anche sulla «frode fiscale», se entro quella data non saranno conclusi Appello e Cassazione. Per questo, il presidente Edoardo D’Avossa e le giudici Teresa Guadagnino e Irene Lupo, invece di riservarsi 90 giorni per le motivazioni, hanno preferito ritirarsi 5 giorni di camera di consiglio e uscire già con 90 pagine lette contestualmente al verdetto”.
Sempre traendo informazioni dall’articolo del Corriere della Sera, si apprende che la prescrizione arriverà nel luglio 2014: “infatti, ai canonici 7 anni e mezzo vanno aggiunti i lunghi periodi (per un totale di ben 2 anni, 3 mesi e 5 giorni) nei quali il processo è stato congelato dalle due leggi Alfano imposte dalla maggioranza dell’imputato-premier e poi bocciate dalla Consulta come incostituzionali (1 anno, 11 mesi e 29 giorni); da un impedimento elettorale di Berlusconi (1 mese e 26 giorni); da un altro legittimo impedimento dell’ex premier (33 giorni); e da uno sciopero degli avvocati (7 giorni)”.
Ultima considerazione da fare è che un conto è la posizione fiscale di Mediaset e Fininvest ed un conto è quella personale di Berlusconi, azionista di maggioranza delle società. La tassazione gravante sulle società è diversa e superiore a quella in capo all’ex premier.
Il meccanismo della presunta frode
Il processo sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv Mediaset è durato 6 anni ed il suo svolgimento è stato ostacolato da frequenti interruzioni, dovute a norme via via intervenute, fra le quali quella sul “legittimo impedimento”.
Le indagini iniziarono nel 2001 per fatti risalenti agli anni ’90, dopo che le autorità svizzere trasmisero i conti bancari delle società off-shore Century One e Universal One presso la Banca Svizzera Italiana di Lugano, in risposta ad una rogatoria (cioè ad una richiesta) avanzata anni prima nell’ambito del procedimento sul bilancio consolidato della Fininvest. Le rogatorie furono numerose e vennero fatte alle autorità del Regno Unito, delle Bahamas, delle Isole Vergini Britanniche, degli Stati Uniti, di Malta, dell’isola di Man.
Come scritto dal Corriere della Sera (cliccare qui per leggere l’articolo), “Silvio Berlusconi è stato «l’ideatore di una scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale», dalla quale l’ex presidente del Consiglio «ha conseguito un’immensa disponibilità economica all’estero, ai danni non solo dello Stato ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore» tv: per questa sua «particolare capacità di delinquere nell’architettarla»”.
La Procura di Milano ha quantificato «in 368 milioni di dollari dal 1995 al 1998 le maggiorazioni» di costi dichiarati per pagare meno tasse, su un totale di circa un miliardo di acquisti, con il risultato che «un terzo delle cifre esposte a bilancio in quegli anni, circa 40 milioni di euro, è falso» (articolo pubblicato da La Stampa).
Il meccanismo si sarebbe articolato in 13.000 passaggi contrattuali, che sono stati effettuati per acquisire 3.000 film attraverso numerosi intermediari fittizi. Tuttavia, dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata il 22 aprile 2005 dai Pm Robledo e De Pasquale, gli effetti dei ridotti termini di prescrizione si sono ripercossi su tutte le «appropriazioni indebite» e sui «falsi in bilancio», nonché sulla stessa «frode fiscale». Il risultato degli interventi del legislatore, favorevoli di fatto all’imputato Berlusconi, ha obbligato la magistratura a concentrarsi solo su una parte degli addebiti e cioè sulla presunta evasione fiscale messa in atto negli anni 2002 e 2003 (rispettivamente per 4,9 milioni di euro e per 2,4 milioni di euro).
Che cosa si afferma nelle motivazioni della sentenza
Le motivazioni della sentenza, cioè le ragioni che hanno determinato le decisioni del collegio giudicante, sono state rese note subito assieme al verdetto. Eccone alcuni passaggi che appaiono significativi per spiegare l’accusa.
Le imputazioni originarie e quelle attualmente residue descrivono un meccanismo fraudolento di evasione fiscale sistematicamente e scientificamente attuato fin dalla seconda metà degli anni ’80 nell’ambito del gruppo Fininvest, connesso al c.d. “giro dei diritti televisivi”.
Anticipando, per comodità di esposizione, quanto sarà più analiticamente esposto nel prosieguo, si può sin d’ora evidenziare che i diritti di trasmissione, provenienti dalla majors o da altri produttori e/o distributori, venivano acquistati da società del comparto estero e riservato di Fininvest e quindi venivano fatti oggetto di una serie di passaggi infragruppo, o con società solo apparentemente terze, per essere poi trasferiti ad una società maltese che a sua volta li cedeva, a prezzi enormemente maggiorati rispetto all’acquisto iniziale, alle società emittenti.
Tutti questi passaggi erano palesemente privi di una qualche funzione commerciale, risolvendosi esclusivamente in un’artificiosa lievitazione dei prezzi. E questo anche e soprattutto perché le società acquirenti, tramite le quali il diritto transitava nell’area Fininvest-Mediaset, erano totalmente prive di una struttura commerciale effettiva.
La reale acquisizione dei diritti era infatti operata direttamente dalla struttura di Reteitalia prima e di Mediaset poi che faceva capo a Bernasconi ed ai suoi collaboratori.
Per dare una idea delle dimensioni della presunta frode, si può citare quanto dichiarato agli inquirenti da Alfonso Cefaliello, dipendente della Fininvest s.p.a., il quale ha rivelato che “Principal Network Communication aveva acquistato nel ’94 per 64 milioni di dollari e rivenduto a 170 milioni di dollari a Mediaset International”.
Questo è un altro brano che evidenzia un aspetto sorprendente della vicenda: “Ma ancora più inverosimile è che Mediaset, già società leader del settore con uomini di provatissima esperienza e introduzione quali erano Lorenzano e Bernasconi, avesse bisogno di un pur affermato commerciante di carni di Montecarlo per poter incrementare la sua library”.
Come si legge nelle motivazioni della sentenza, la mancata reazione alla truffa ai danni della Fininvest si spiega “esclusivamente nell’ipotesi accusatoria e cioè nell’avere il Lorenzano (uno degli intermediatori, n.d.r.) svolto l’esclusivo ruolo di individuazione di un soggetto disponibile a fungere da falso intermediario e di predisposizione dell’organizzazione necessaria per dar corso alla fittizia intermediazione. D’altra parte tutti gli elementi probatori acquisiti nel corso del processo consentono di pervenire all’affermazione che il Lorenzano non era un truffatore, ma un correo”.
Secondo l’accusa, si arrivava persino a ricarichi del 200% da parte di fornitori abituali, una autentica assurdità commerciale.
Le motivazioni della sentenza passano in rassegna tutte le società di intermediazione, arrivando perfino a citare titoli di singoli film acquistati a prezzi gonfiati. Ad esempio, il film “Hatarij” venne venduto dalla Paramount a Wilthshire il 23 ottobre 1996 per 35.000 dollari e venne rivenduto il primo gennaio 1997 alla International Media Service (IMS) per 150.000 dollari.
Sulla reale funzione delle cartiere, cioè di società fittizie costituite ad hoc per aggirare la legge, i giudici di Milano hanno precisato che “con il tempo la quasi totalità della majors (cioè le grandi case di produzione cinematografiche degli Stati Uniti, n.d.r.) hanno costituito società estere per la stipulazione dei contratti proprio per ragioni fiscali”; di conseguenza, “era venuta meno la necessità, ammesso che fosse stata reale, di interporre la società di diritto maltese”. “Il sistema sopra delineato – è scritto nel documento – ha consentito a Mediaset di utilizzare nelle dichiarazioni dei redditi come costo deducibile gli importi riportati sulle fatture emesse da IMS che, a loro volta, recepivano gli importi risultanti dalle fatture emesse dalle società apparentemente venditrici di diritti di cui si è parlato”.
Per leggere un dettagliato resoconto del processo e la sua cronistoria, si consigliano due articoli:
1) Il trucco dei film strapagati (articolo pubblicato dal quotidiano La Repubblica);
2) La cronistoria del processo, anno per anno (articolo pubblicato da Il Fatto quotidiano).
Riflessioni finali
Benché sia irritante essere presi in giro da un giornalista condannato per diffamazione dopo aver consentito ad un agente dei servizi segreti di scrivere falsità sul suo Giornale (a proposito, l’Ordine dei giornalisti della Lombardia quando sanzionerà il suo comportamento deontologicamente scorretto?), bisogna riconoscere che le sparate pseudo aritmetiche di Sallusti affondano nell’istinto di salvaguardia della pagnotta, cioè nella difesa ad oltranza del suo datore di lavoro. Quindi, benché deprecabile, contro Sallusti si possono muovere critiche di portata limitata: l’individuo è quel che dimostra di essere e c’è poco da indignarsi per i suoi interventi mistificatorii.
Ad una analisi un po’ più approfondita, ciò che risulta grave è l’incapacità di Floris (un conduttore con una lucidità d’acciaio), di Bruno Manfellotto e di Matteo Renzi (un rottamatore che in tv dovrebbe fare meno mossette e più interventi con il fioretto) ad evidenziare le mistificazioni propinate agli italiani.
Non è pensabile e comunque non è accettabile che i tre professionisti della comunicazione non conoscessero la sentenza di Milano, dopo la quale Berlusconi si è prodotto in una piroetta capovolgendo le sue dichiarate intenzioni, quasi a voler intimidire o addirittura ricattare il governo (il leader del Pdl ha ventilato l’ipotesi di togliere la fiducia al premier Mario Monti). Se Sallusti tratta l’aritmetica come bistratta la verità, non gli può essere permesso di diffondere un messaggio distorto servendosi della tv pubblica, un mezzo che raggiunge milioni di italiani, ben pochi dei quali hanno fatto la disamina dei resoconti di cronaca sulla stampa.
I cittadini hanno troppi problemi per svolgere il lavoro che compete a chi si occupa di informazione per lavoro. Con le sue approssimazioni, Sallusti è risultato convincente ed i colleghi in studio hanno avvalorato le sue tesi bislacche restando in silenzio, compreso il manager Renzi che dovrebbe avere confidenza con i numeri. E’ contraddittorio stigmatizzare gli attacchi di comodo alla magistratura portati avanti dall’inquisito Berlusconi (si è mai visto un imputato lodare chi lo mette alla sbarra?) e dai suoi maggiordomi e poi non ribattere con precisione e prontezza alle affermazioni che offrono una sponda persuasiva alle sue posizioni.
Quando entrerà nella testa dei politici, dei cosiddetti intellettuali, della classe dirigente che la comunicazione è fondamentale in democrazia? Quando si capirà che comunicare con efficacia una stoltezza è molto più producente che esprimere alti e maturi concetti di difficile assimilazione?
Alla sera, la gente è stanca, guarda la tv, giudica a pelle, osserva e si lascia convincere senza scavare; solo pochissimi italiani acquistano i quotidiani, che offrono analisi più ragionate ed una maggiore messe di informazioni. Lasciare ai furbi campo libero significa diventarne complici.
Salvaguardare la democrazia costa fatica e l’opera deve iniziare dalle piccole cose; persino dai dettagli, se necessario.
E’ piacevole seguire un dibattito pacato, senza interruzioni. Però, la prossima volta, se vorrà offrire informazione di qualità, Floris beva e faccia bere un bel caffè ai suoi ospiti. Magari a Sallusti scoppieranno in diretta i bulbi nelle orbite oculari ma, almeno, qualcuno avrà la forza di invitarlo a ripassare l’aritmetica prima di parlare a vanvera.
Aggiornamento del 29 agosto 2013
Pubblicate le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione ha condannato l’ex premier Silvio Berlusconi a 4 anni di carcere per frode fiscale, assieme agli altri imputati (il mediatore Frank Agrama ed i manager Mediaset Gabriella Galetto e Daniele Lorenzano). Per i giudici, Berlusconi fu l’«ideatore del meccanismo» che per anni ha continuato «a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende» del gruppo Mediaset.
C’è una sentenza che riguarda il Carlo De Benedetti e il Gruppo Espresso multato di 225 milioni per plusvalenze e una condanna che riguarda Silvio Berlusconi e i diritti Mediaset. Due vicende simili, due sentenze aspramente criticate dai due diretti interessati, De Benedetti e il Cavaliere, appunto, che sono però state trattate in maniera esattamente opposta dai giudici e dai giornali.
Un doppiopesismo giudiziario, scrive oggi il Giornale, testimoniato dai fatti. Vediamoli: nel 2012 la Commissione tributaria regionale di Roma ha condannato il Gruppo Espresso a pagare 225 milioni di euro, il totale delle imposte non pagate nel 1991 all’epoca della fusione dell’editoriale La Repubblica in vista della sua quotazione in borsa. I pagamenti sono però stati congelati perché un’altra sezione della Commissione tributaria ha poi accolto la richiesta di sospensione della riscossione avanzata dal Gruppo.
Insomma, De Benedetti avrebbe ottenuto un enorme vantaggio fiscale da una serie di operazioni societarie realizzando un’elusione fiscale da 234 milioni. Un illecito tributario non un reato penale perché la questione penale si era risolta anni fa con l’assoluzione di tutti gli imputati “perché il fatto non sussiste”. Sulla maxi multa il Gruppo Espresso ha parlato di “sentenza manifestatamente infondata oltreché palesemente illegittima sotto numerosi aspetti di diritto e di merito”. Addirittura, conclude il Giornale, la legale dell’Espresso Livia Salvini parla di “abnormità di pronunce che pretendono di disconoscere i vantaggi fiscali”, ovvero lo stesso rilievo dei ricorsi di Coppi e Ghedini sulla vicenda dei diritti Mediaset che però non si è risolta con una multa per gli amministratori della società ma in una condanna penale con interdizione dai pubblici uffici per l’azionista.
RISPOSTA
Gentile Anselmo, grazie per il suo intervento, anche se per completezza di informazione mi permetto di aggiungere che esso riporta fedelmente un articolo pubblicato il 6 agosto scorso da Libero, la testata diretta da Maurizio Belpietro, ex vicedirettore, direttore operativo e direttore de Il Giornale della famiglia Berlusconi; ex direttore del settimanale Panorama (della Mondadori); conduttore di programmi trasmessi dalle reti Mediaset: in sintesi, un giornalista che ha spesso mangiato la pagnotta sfornata da Arcore.
Cliccare qui per leggere l’articolo pubblicato su Libero.
Personalmente, ritengo utopistico immaginare di poter leggere su Repubblica o su L’Espresso un articolo contro l’editore De Benedetti, così come ritengo ingenuo ipotizzare critiche a Berlusconi provenienti dalle testate del suo gruppo.
A mio avviso, ciò che appare contraddittorio e furbesco sono le litanie di doppiopesismo giudiziario e mediatico di cui sarebbe vittima Berlusconi (non bisogna dimenticare che gli italiani si informano in stragrande maggioranza attraverso la televisione, mentre la carta stampata vende sempre meno copie ed è seguita da un numero calante di lettori).
“Libero” e “Il Giornale” tuonano con parole di fuoco contro magistrati e giornalisti che osano peccare di lesa maestà nei confronti del pregiudicato di Arcore, ma lasciano in ombra il doppiopesismo istituzionale che si pretende di adottare per il leader del Pdl: quando si è trattato di introdurre norme per espellere dal Parlamento gli onorevoli condannati in modo definitivo dalla Corte di Cassazione (banale norma di civiltà, se non si vogliono trasformare Palazzo Madama e Palazzo Montecitorio in succursali di Rebibbia), il Pdl è stato uno dei più ferventi paladini della “pulizia”; ora che la fedina penale sporca è quella di Berlusconi, si invoca una grazia che non mi pare giustificabile sul piano fattuale e giuridico, un provvedimento di clemenza che introdurrebbe un concreto doppiopesismo all’ennesima potenza, ben più grave di quello attinente alle opinioni. Se un normale cittadino subisce una condanna in terzo grado, deve scontare la pena; se il cittadino si chiama Berlusconi, il Presidente della Repubblica dovrebbe intervenire per annullare l’efficacia del verdetto della Suprema Corte.
E’ una presa di posizione troppo comoda, troppo scontata, troppo ingiusta.
ma è vero o no il contenuto dell’articolo di Libero su De Benedetti, dalla RISPOSTA fuori luogo, ossia dal solito riferimento ai soliti “servi”, direi che possiamo affermare senza dubbio di sì, è tutto vero.
RISPOSTA
Davvero le serviva la risposta al commento precedente per dedurre/apprendere che al Gruppo L’Espresso – e quindi pure a Carlo De Benedetti – è stata inflitta in secondo grado una multa di 225 milioni di euro per plusvalenze non dichiarate? Non legge i giornali? La notizia risale ad oltre un anno fa (24 maggio 2012) ed è stata riportata da tutta la stampa italiana, compreso il quotidiano La Repubblica:
cliccare qui per leggere il primo articolo su Repubblica
cliccare qui per leggere il secondo articolo su Repubblica
cliccare qui per leggere la notizia della multa pubblicata su Italia Oggi.
Libero, che attacca i privilegi delle caste ma che sopravvive anche grazie ai contributi pubblici destinati alla stampa (il Dipartimento per l’Editoria ha chiesto all’editore Angelucci la restituzione di 15 milioni e 700.000 euro), o è arrivato in ritardo, oppure ha voluto “ricicciare” una vecchia notizia.
La risposta al commento precedente era necessaria, sia per elementare buona educazione (se un utente mi degna della sua attenzione, ritengo doveroso quanto meno leggere il suo intervento e, se possibile, replicare), sia perché in ogni ordinamento civile esistono norme a protezione del copyright, cioè leggi che tutelano la paternità delle opere dell’ingegno; se si riproduce un testo scritto da altri, è d’obbligo citarne la fonte per ragioni morali e giuridiche.
Inoltre, nel caso specifico, trattandosi dell’articolo scritto da un giornalista professionista, lo stesso autore avrebbe avuto diritto ad esigere un compenso in base alle tariffe professionali, in assenza di una specifica liberatoria.
Ciò che accomuna i servi sono l’ignoranza e la vocazione ad essere più realisti del re: mentre gli sgherri si sbracciano ed inveiscono per difendere interessi di cui non potranno assaggiare nemmeno le briciole, il padrone briga con gli avversari per trarre il suo profitto (Mediaset è stata soccorsa più dal Pd che da gente come Cicchitto, tanto per citare uno dei mille).
Le ultime notizie sulla cialtronata trasversale (dal Pd al Pdl) della “grazia” a Berlusconi hanno reso comica l’accusa di doppiopesismo, volendo sorvolare sul fatto che contro il Gruppo L’Espresso si è pronunciata la Commissione tributaria regionale del Lazio (in secondo grado), mentre il processo al pregiudicato di Arcore si è svolto in sede penale e la sentenza è passata in giudicato (cioè è definitiva), e sul fatto che le leggi ad personam di qualche anno fa hanno evitato guai maggiori al leader del Pdl riducendo i termini di prescrizione (beneficio di cui non si è potuto avvalere il Gruppo L’Espresso perché chiamato a rispondere in sede tributaria).
[…] che sono stati effettuati per acquisire 3.000 film attraverso numerosi intermediari fittizi (fonte).Basterebbe raccontare questo fatto ai telespettatori per sputtanare completamente B..Lo capisce […]
[…] che sono stati effettuati per acquisire 3.000 film attraverso numerosi intermediari fittizi (fonte). Basterebbe raccontare questo fatto ai telespettatori per sputtanare completamente B.. Lo capisce […]
[…] che sono stati effettuati per acquisire 3.000 film attraverso numerosi intermediari fittizi (fonte).Basterebbe raccontare questo fatto ai telespettatori per sputtanare completamente B..Lo capisce […]
come al solito qua sulla questione dei 3000 film acquisiti con intermediari fittizi si fa dell` anti informazione faziosa ed indimostrabile …. !!!
RISPOSTA
Che il processo abbia riguardato la compravendita di centinaia di film (documentata con fatture, ricevute, testimonianze, ecc.) è scritto a pagina 54 delle motivazioni della sentenza di Appello, giusto per citare uno dei vari passaggi.
La falsa informazione (o l’anti informazione, come lei scrive) si fa – ad esempio – quando si asserisce che Berlusconi abbia pagato miliardi di euro in tasse ed abbia evaso imposte per pochi milioni: secondo la pubblica accusa, dal 1994 al 1998 il gruppo Mediaset avrebbe gonfiato di oltre il 30% il prezzo pagato per i programmi trasmessi, “stornando” 368 milioni di dollari su circa un miliardo di esborsi. La condanna per pochi spiccioli è dovuta al fatto che essa si riferisce al 2001, al 2002 ed al 2003, mentre l’illecito si è protratto per un numero d’anni di molto superiore. Come scritto, questa “magia” a favore di Berlusconi è dovuta alla riduzione dei termini di prescrizione, votata dal Parlamento, prescrizione che ha impedito ai magistrati di agire per l’intera durata della frode fiscale.
La falsa informazione si fa – ad esempio – quando si tace sui ricarichi fittizi applicati al costo dei film, che arrivavano al 200%; quando non si ricorda che l’intermediario Erminio Giraudi svolgeva come attività principale il commercio di carni fino al 1995 e che poi – miracolosamente – si era convertito alle transazioni per i diritti televisivi, con guadagni teorici da Re Mida; quando si evita di parlare della miriade di società costituite nei paradisi fiscali per far transitare un fiume di denaro, ecc. ecc.
Ognuno è libero di credere alle favole che più ama. Ma gli atti delle sentenze Mediaset sono liberamente consultabili, nero su bianco. Perché non leggerli o, almeno, dare loro un’occhiata?
[…] Sentenza Mediaset, menzogne e silenzi […]
Buongiorno.
Mi faccia capire bene (riferendoci al triennio 2001+2002+2003):
1. Berlusconi ha pagato le tasse su euro 1 miliardo e 212 milioni,
2. Invece doveva pagare le tasse su euro 1 miliardo e 252 milioni.
3. Avrebbe evaso le tasse sui 40 milioni non dichirarati,
4. Evasione fiscale calcolata in 13,9 milioni NON VERSATI.
5. Un’imposizione fiscale di 13,9 milioni su 40 milioni fa “in media” il 34,75%
GIUSTO?
Berlusconi ha versato 421 milioni e 170 mila euro (34,75% su euro 1 miliardo e 212 milioni).
Invece doveva versare 435 milioni e 70 mila euro (34,75% su euro 1 miliardo e 252 milioni)
Quindi quindi quindi…
Berlusconi ha “nascosto” al fisco il 3,20% dei suoi guadagni,
Quindi quindi quindi…
Se io guadagno euro 2000
e nascondo al fisco il 3,20% dei miei guadagni,
sto evadadendo le tasse su 64 euro.
Il 34,75% di 64 euro… corrisponde a…
22,24 euro!!
GIUSTO?
Grazie!
Ora ho capito perchè Berlusconi e Sallusti affermano che tutto ciò è ridicolo!!
HANNO RAGIONE!
Ma se Berlusconi voleva far sparire 5 milioni di euro all’anno, non faceva prima a fare qualche giochetto con ville e villoni da 30-40 milioni di euro ciascuna ogni anno?
Faceva prima e rischiava meno…
Grazie, il suo articolo mi ha chiarito tutto:
Berlusconi sta dando fastidio a “poteri occulti” che finalmente se ne sono liberati con la complicità della magistratura.
RISPOSTA
Buonasera. Grazie a lei per aver letto e commentato le mie riflessioni.
Come scritto nelle motivazioni della sentenza, la frode fiscale attuata da Berlusconi si è protratta per un lungo arco di tempo (iniziando dai primi anni ’90) e la condanna si è dovuta limitare al periodo 2001-2003 perché la riduzione dei termini di prescrizione ha impedito ai magistrati di perseguire il pregiudicato di Arcore per l’intero raggiro. Credo sia superfluo agginugere sotto quale governo e con quale maggioranza siano state approvate le norme che hanno favorito il leader del Pdl.
Un elemento da non trascurare è la fase discendente compiuta dalla frode fiscale: si è passati dai 9 milioni di euro evasi nell’anno 2000 (prescritto) – equivalenti a 17,5 miliardi di lire – ai 2,4 milioni di euro evasi nel 2003, segno che il meccanismo stava per essere abbandonato.
Altro elemento da non sottovalutare è la gincana che gli investigatori hanno dovuto compiere fra decine di conti aperti nei paradisi fiscali da società riconducibili a Mediaset; le rogatorie internazionali sono uno degli scogli principali quando si indaga su reati di natura finanziaria.
I suoi calcoli sono esatti: se Berlusconi avesse guadagnato 2.000 euro in tre anni, avrebbe evaso tasse per 22,24 euro. Però, Silvio ha guadagnato 626.000 volte tanto. Di conseguenza, si arriva alla bella cifra totale di 13 milioni e 900.000 euro. Milioni di famiglie italiane campano con 1.000 volte meno in un anno (333 volte meno in 3 anni). Insomma, non ritengo che quasi 14 milioni di euro equivalgano ad altrettanti bruscolini.
Seguendo il filo del suo ragionamento, inoltre, una coltellata al cuore avrebbe la stessa valenza di un graffio sul petto, facendo le opportune proporzioni. Ho la sensazione che la tesi si riveli fragile.
Se Berlusconi ha ritenuto più conveniente dotarsi di fondi neri gonfiando i prezzi dei film acquistati anche tramite un grossista di carni residente a Montecarlo (Erminio Giraudi), suppongo che abbia avuto le sue ragioni; addirittura, potrei insinuare che probabilmente non ha lasciato nulla di intentato. Senza considerare che i villoni sono beni immobili il cui prezzo va dichiarato e viene tassato e che comprarne o venderne a iosa avrebbe potuto suscitare qualche sospetto (un’immobiliare non è uno Iacp).
E’ giusto che ognuno creda a chi vuole ed a ciò che vuole.
Per me, Sallusti è il degno dipendente di Berlusconi (il direttore de Il Giornale è stato condannato in via definitiva per diffamazione ed il metodo Boffo è stato “vidimato” qualche giorno fa perfino da parlamentari del Pdl). Secondo me, certi dipendenti rischiano di peccare più di piaggeria o servilismo che di autonomia.
Poteri occulti? Può darsi.
Tuttavia, finora, di occulto (e di provato) ci sono solo i fondi creati off-shore dal cavaliere di Arcore, che forse non ha pensato al bene degli italiani quando ha frodato il fisco, potendo tranquillamente permettersi di versare qualunque imposta senza rischiare la morte per fame.
“Il tuo commento è in coda di moderazione”
e chissà se verrà pubblicato… o c’è la censura?
RISPOSTA
Non si sopravvaluti e non ci faccia apparire dispotici, la prego.
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Intanto la ringrazio per la correttezza, molto rara fra gente del suo stampo politico.
Mi spiace che lei non riesca a cogliere il succo del “problema”, mosso da Sallusti, Berlusconi e da me, come ho provato a spiegarLe.
Se guadagno 2000 euro mensili (24.000 euro all’anno) e sono un delinquente, non creo un meccanismo complicato e che lascia tracce evidenti per “pochi” soldi, per “rubare” 265 euro all’anno…
Quello evidenziato dalla sentenza è un meccanismo troppo ingenuo nella sua idiozia perchè non dia adito a sospetti… è estremamente rozzo, altro che gincana…
Un esempio, guardi l’operazione Telecom di Colannino nel 2001: “Colaninno impegna Telecom in un’operazione che costa alla società un deflusso di 6,7 miliardi di euro che, essendo transitato nel percorso Torino-Torino per il Lussemburgo (la linea della geografia del nuovo capitalismo non è precisamente retta), non ha lasciato nomi e cognomi dei destinatari finali” (Giuseppe Oddo e Giovanni Pons, L’affare Telecom. Il caso politico-finanziario più clamoroso della seconda Repubblica, Sperling & Kupfer, Milano, 2002)…
AVETE LETTO?? 6,7 MILIARDI DI EURO!!
Non ne conosciamo i destinatari finali, corretta o meno che sia stata l’operazione…
NESSUNA TRACCIA…
E’ per questo che affermo che ci sarebbero stati modi ben più ingegnosi e “nascosti” per rubare 300 milioni di euro su 1200 milioni (anziché 13 milioni), o se vogliamo 6.000 euro su 24.000 (anziché 265)…
A noi gente “economicamente normale” un furto di 13 milioni giustifica un meccanismo del genere.
Mah! Mi lascia perplesso e sospettoso…
Usiamo una metafora:
Se con i “nostri” 2000 euro MENSILI ci trasferissimo in un paese
dove il “loro” reddito è di 30 euro ANNUI
e lì ci condannassero per aver “rubato” 265 euro…
riuscirebbe difficile a “loro” capire
che per “noi” 265 euro sono una miseria
per cui non rischieremmo la galera…
Poi… se c’è un fine “politico” per cui “conviene” credere ad una cosa del genere…
crediamoci pure…
RISPOSTA
Grazie a lei per il garbo, non sempre presente negli interventi dei “berlusconiani” (se posso permettermi di definirla tale).
Non ho alcuno stampo politico o ideologico, anche se ho amato leggere gli scritti di Montanelli e Longanesi, uomini liberi, prima di essere anti-fascisti ed anti-comunisti. La mia sola certezza è che Berlusconi è più pericoloso di altri politici (in gran parte inetti, tanto a Destra quanto a Sinistra), perché è un grande esperto di marketing psicologico e sociale. Mi spiego meglio: è riuscito a far credere di essere l’unico rappresentante della Destra, nonostante il lungo flirt con i socialisti, nonostante la sua stretta amicizia con l’ex capo del Kgb sovietico (Putin), le norme illiberali in campo economico (dalla fallimentare opposizione ad Air France alla distribuzione gratuita di decoder digitali, ecc.), nonostante la scelta di scegliersi un custode mafioso (Mangano) piuttosto che schierarsi in piazza (come faceva Fini rischiando la pelle), nonostante la “scomunica” di un autentico anti-comunista come Montanelli (gambizzato dalle Br). Mi fermo qui per non annoiare, ma l’elenco sarebbe lungo.
Secondo me, Berlusconi rappresenta e tutela soltanto se stesso ed i suoi interessi; nell’ex Unione Sovietica immagino che sarebbe stato un gerarca ultra ortodosso ugualmente ricco.
Tornando alle sue osservazioni, continuo a ritenerle fondate fino a che si parla di migliaia di euro e non di milioni: le sanzioni giuridiche crescono con l’impatto sociale delle trasgressioni ed 1 milione di euro ha un valore assoluto che non può essere equiparato a 2.000 euro, anche se per un magnate costituisce il costo di una merenda. Le ricordo che – secondo i magistrati – la frode fiscale ha portato benefici per centinaia di milioni di euro, grazie ad un meccanismo che per comodità si potrebbe assimilare alla sovrafatturazione, sebbene sia stato tanto più complesso da essere configurato come frode fiscale.
Tuttavia, volendo ritenere valido il succo del suo discorso, credo sia utile sottolineare che i quasi 14 milioni di euro rappresentano l’evasione fiscale relativa a quote di ammortamento pluriennale dei costi; tale somma, equivalente a 17,5 miliardi delle vecchie lire, è calcolata su una frazione della somma che Mediaset ha asserito di avere speso in anni precedenti. Ne consegue che la frode è stata perpetrata per portare a termine un illecito ben più remunerativo.
I giudici di Milano sono stati costretti a concentrare la loro azione sui residui di spesa (o, meglio, su rimanenti quote di ammortamento) perché la cosiddetta legge ex Cirielli ha ridotto i termini di prescrizione (senza il “regalo” normativo a Berlusconi, la prescrizione sarebbe scattata nel 2020 e non nel 2013), azzerando una frode fiscale pari a 120 miliardi di vecchie lire ed una appropriazione indebita di 276 milioni di dollari, per condotte illegali attuate fino al 1999.
Anche uno stra-miliardario non credo resti indifferente a cifre di tali dimensioni.
Sulla facile tracciabilità dei passaggi, ho forti dubbi poiché, come scritto ieri, le indagini hanno riguardato diversi Paesi ed in particolare “paradisi fiscali”, dove ottenere una piccola prova è impresa quasi impossibile, poiché l’intera economia di quei luoghi si regge proprio sulle banche di comodo e sull’assenza di controlli finanziari.
Poiché temo di non essere stato abbastanza chiaro e dettagliato nel mio post, riporto alcuni passaggi delle motivazioni addotte dalla Corte di Cassazione per condannare in via definitiva Berlusconi; probabilmente, i giudici sono stati molto più chiari del mio testo.
Il meccanismo – forse ingenuo, forse no – è stato definito dai membri della Suprema Corte come “un sistema di frode, elaborato negli anni ’80 e da allora costantemente seguito fino al 1998” (pagine 3, 4 e 5 delle motivazioni), fino a quando Mediaset non venne ammessa alla quotazione in Borsa nel luglio 1996. Successivamente all’ingresso in Piazza Affari, la catena di compravendita fu accorciata e semplificata, eliminando i passaggi infragruppo.
Per conferire una dimensione economica alle operazioni riconducibili a Berlusconi, si può citare il seguente passaggio: “seppur comprendendo l’anno 1994, i vantaggi erano stati cospicui arrivando, nel solo ultimo quinquennio, a costituire risparmi fiscali discendenti da un fittizio aumento dei costi per oltre 360 milioni di dollari. Certo le somme in gioco in questo processo sono ben minori (13,9 milioni di euro, n.d.r.) ma ciò dipende dal fatto che qui si tratta degli ultimi esiti di tale complessiva, ingente, evasione, relativi agli ultimi anni delle quote di ammortamento di tali costi” (pagine 8 e 9 delle motivazioni).
Le somme in gioco erano alte. Ad esempio, nel passaggio dalle società Principal Communication e Principal Network (con sede nelle Isole Vergini Britanniche) alle società maltesi Amt e Mediaset International Ltd (da cui comprava Mediaset), i prezzi dei diritti di trasmissione televisiva si gonfiavano di 171 milioni di dollari “senza alcuna giustificazione commerciale” (pagina 87 delle motivazioni).
Inoltre: “Anche questo teste (Alfonso Cefaliello, responsabile del coordinamento amministrativo del comparto estero di Fininvest negli uffici di Lugano, n.d.r.), presa visione di una scheda, ha riconosciuto che Principal Network Communication aveva acquistato nel 1994 per 64 milioni di dollari e rivenduto per 170 milioni di dollari a Mediaset International (pag. 9 sentenza di I grado)” (pagina 101 delle motivazioni della Cassazione).
Sulla solidità delle accuse, va rimarcato che esse si sono fondate non solo su testimonianze, ma soprattutto su prove documentali, tanto che, con riferimento alla deposizione della teste Silvia Cavanna, collaboratrice di Carlo Bernasconi (manager Fininvest), addetta all’ufficio gestione contratti di Rete Italia prima e Mediaset poi, i giudici hanno scritto: “la condanna degli imputati pronunciata in primo grado si reggeva su una serie di altre acquisizioni probatorie che ne avrebbero comportato l’autosufficienza rispetto al contributo conoscitivo offerto da quella teste” (pagina 77 delle motivazioni).
Sull’astuzia di Colaninno e sull’affare Telecom trattato dal libro di Oddo e Pons non posso ribattere, perché non conosco affatto la vicenda. E’ evidente che, se non sono state lasciate tracce e se Colaninno non è finito dietro le sbarre, il sistema adottato è molto sofisticato. La sola cosa che mi torna in mente pensando a Colaninno ed al magnate di Arcore è che il primo venne salutato dal secondo come salvatore della patria quando guidò una cordata economica per impedire che Alitalia finisse ad Air France. A distanza di qualche anno e dopo miliardi di euro buttati al vento – volendo dimenticare i poveri obbligazionisti penalizzati – siamo al punto di partenza, con la differenza che il boccone Alitalia sarà molto meno costoso per la compagnia aerea francese.
Per concludere: è comprensibile che un cittadino non abbia tempo e voglia di leggersi le 208 pagine contenenti le motivazioni con cui Berlusconi è stato condannato pure in terzo grado; al contrario, non è credibile che le ignori un professionista dell’informazione come Sallusti, sia perché le argomentazioni presenti in quelle carte gli sono passate fra le mani per tre volte (la Cassazione ha ritenuto corrette le sentenze di primo e di secondo grado), sia perché il suo ruolo di frontman, di avvocato difensore del suo datore di lavoro nei salotti tv, richiede un minimo di competenza.
Non accennare al fatto che i 13,9 milioni di euro evasi sono calcolati su soli 3 anni e su residue quote di ammortamento, distorcerne la semplice incidenza aritmetica sulle somme evocate, gonfiare l’ammontare delle tasse pagate da Berlusconi, tacere i tanti – troppi – anni di atti illeciti caduti in prescrizione grazie alla riduzione dei termini di prescrizione votata dalla maggioranza di Centro-Destra a me sembrano ragioni più che valide per accusare di mistificazione il prode Sallusti e chi, scientemente (non mi riferisco a lei, ma al coro degli ultras di Arcore), ne ripete le tesi.