Silvio make up
23 Dic 2010 | Di Giuseppe | Categoria: OpinioniManuale di seduzione di un piazzista rivoluzionario… Va detto subito e con chiarezza: Berlusconi sa parlare, è un autentico professionista della comunicazione, un pifferaio magico capace di incantare chi è stato nutrito per anni da dilettanti rustici ed approssimativi. Nella conferenza stampa di fine anno della presidenza del consiglio, il 23 dicembre 2010, il banco ha vinto ed a poco sono valse – in termini di approfondimento e legittima critica – le domande dei giornalisti convocati. Silvio ha saputo presentarsi come premier pacato e gentile, attento ai bisogni della collettività e deciso nel difendere le sue ragioni. L’unico politico che sa sfoderare la stessa abilità è Nichi Vendola su cui pesano, però, le ridotte possibilità (Berlusconi attinge al meglio dei consulenti per l’immagine e dispone di una armata mediatica senza confronti) ed un passato da barricadero.
Il tono di chi è gravato da grandi responsabilità ma umilmente non si sottrae al confronto, elegante senza strafare per risultare rassicurante, più capelli del solito anche se non ha potuto evitare l’effetto fumetto stile Tin Tin, l’emozione controllata e sapientemente dosata nel mostrare accoramento sui temi scottanti, la capacità di vestirsi da agnello glissando sulla verità, la candida sfrontatezza nel fare le affermazioni più mirabolanti risultando credibile: l’uomo di Arcore è in grado di infilzare chiunque armandosi di un sorriso paterno, amicale, caldo. La sua vera vocazione non è l’imprenditoria (infatti, prima del 1993, Mediaset aveva bilanci da profondo rosso ed ha spiccato il volo soltanto dopo l’entrata in politica del suo proprietario). La sua vera vocazione è la politica. Da insuperato piazzista, sa persuadere le folle, è suadente al livello giusto ed al momento opportuno, intuisce al volo qual è la tattica più efficace per conquistare. Nella civiltà della comunicazione (quando i suoi avversari capiranno che il mondo è cambiato?), si è guadagnato il ruolo del leader. E lo merita. Quale superflua prova, basti osservare il contorno che il panorama offre, da Bonaiuti a Bondi, da Capezzone a Cicchitto. La differenza è abissale, anche se Silvio ha una pistola in tasca (nel senso di capacità d’intervento e di spregiudicatezza) e gli altri hanno al massimo un catechismo da leggere e ripetere ad ogni occasione, come un volantino stampato col ciclostile. Figuriamoci se non gli è facile fare man bassa di consensi fra signore ingioiellate che si terrorizzano quando guardano un gruppo di extracomunitari o gli studenti che protestano, tra chi legge al massimo La Gazzetta dello Sport, fra chi ha come unica fonte di informazione la Tv ed il Grande Fratello. La massa è e sarà sempre dalla sua parte, fino a che non spunterà un altro San Gennaro o un Masaniello (ma Berlusconi è tutto tranne che un Masaniello, assomigliando piuttosto ad un mix perfetto e nobile fra Balanzone, Pulcinella, Azzeccagarbugli, Agnello sacrificale per il bene del Paese).
Un uomo che riesce a dire serafico “Abbiamo ottenuto grandi risultati” è un genio: in 30 mesi di governo il debito pubblico è cresciuto di 219 miliardi di euro, passando da 1.648 miliardi a 1.867 miliardi di euro, nonostante in Italia non sia stato necessario salvare dalla crisi alcuna grande banca o impresa e nonostante il sussidio di disoccupazione abbia una durata compresa fra 7 e 12 mesi (per chi ha più di 50 anni), mentre negli Stati Uniti la sua durata è di quasi 2 anni (99 settimane); inoltre, sempre negli Usa, il conto dello tsunami finanziario è al momento di qualche centinaio di miliardi – perché il governo salvò le aziende in via di fallimento acquistandone le azioni e poi rivendendole guadagnandoci, come nel caso di General Motors e Citigroup (una plusvalenza di oltre 20 miliardi in totale) – mentre in Italia l’argomento viene usato come alibi per giustificare buchi in bilancio, disservizi, disoccupazione e chi più ne ha più ne metta. Magnificare il proprio operato per il bene di tutta al comunità, allo stato attuale, è da Oscar sempiterno: il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza complessiva (in base ai bollettini della Banca d’Italia), con un divario che cresce di anno in anno; il Paese è arretrato in tutte le classifiche internazionali, ad esclusione di quelle sulla corruzione e sulla scarsa libertà di stampa; la pressione fiscale è aumentata ancora, polverizzando le promesse del Pdl. Un anziano pluri-indagato frequentatore di ragazze che riesce ad affermare, senza provocare risate o fischi, di essere “un modello” per chiunque dimostra di tenere in pugno gli interlocutori ed i principi democratici che dovrebbero essere radicati in ogni cittadino.
Berlusconi conosce gli uomini e soprattutto gli italiani. Non è affatto azzardato il paragone con le capacità seduttive di Mussolini, il quale adottava i simboli dell’antica Roma conquistatrice del mondo con le sue legioni e la sua civiltà, mentre l’Armir andava a morire nel gelo russo con divise primaverili e gli italiani calzavano scarpe di legno o cartone, oppure riempiva di folle osannanti e fiere Piazza del Popolo mentre i gerarchi facevano razzie di beni, cultura e valori. L’odierno unto dal Signore ha lo stesso potenziale distruttivo e la stessa aura da condottiero; 60 anni dopo il Ventennio della follia, può vantare gli stessi oceanici plebisciti in nome di una bandiera che sventola come un usignolo in pieno inverno, prima di stramazzare stroncato dallo sforzo.
Silvio Berlusconi è il capitano di questo Titanic che rischia – rischio più alto di quanto si immagini – di finire contro gli iceberg della speculazione, della stagnazione, della esclusione dal novero dei Paesi evoluti, della burocrazia sempre più famelica e fine a se stessa. E’ la consacrazione vivente di tutte le teorie sulla comunicazione più efficace, l’esaltazione di chi sa che il successo sta più nel saper parlare che nei fatti, il nonsense fatto uomo che piega la realtà alle illusioni, il demiurgo che governa su attori e pubblico, l’alchimista che trasforma la sua convenienza in verità, il moltiplicatore di promesse mai mantenute (basti citare lo scandalo dei rifiuti a Napoli, spacciato per il complotto della monnezza), il rivoluzionario più pernicioso (“La corte costituzionale è un organo politico”) pronto a smantellare i cardini di una nazione riscuotendo l’applauso dei prossimi liberti, il ricco sfrontato che compra la benedizione dei diseredati con un pacco di pasta dopo aver regalato gioielli ai privilegiati (l’abolizione dell’Ici sulla prima casa e la cedolare secca sugli affitti agevolano soprattutto i più abbienti), il prestigiatore che muta le connivenze in indulgenti amicizie.
Buon Natale, Presidente. Con ammirazione e disistima.
Nota a margine: forse sarà il clima natalizio, ma c’è chi sostiene di aver sentito belare il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, mentre spostava l’ora del suo notiziario per dare spazio alla conferenza di fine anno del presidente del consiglio. I maligni si rassegnino: non è stato l’ennesimo atto di servilismo, ma solo il doveroso tributo al Signore che ha scelto la più comoda Villla Madama, piuttosto che la stalla di Betlemme invasa da pastori.