Tacet (lettera ad una nazione mai nata)

27 Gen 2008 | Di | Categoria: Opinioni

Avvilente. Due terzi delle famiglie italiane fatica ad arrivare al 27, più della metà deve vivere con meno di 1.900 euro al mese, solo una su 10 riesce a risparmiare qualcosa, comprare a rate è diventata una regola. L’Italia arranca mentre in Senato brindano e mangiano mortadella alla caduta del governo. Il capriccio di pochi (accomunati da consorti alle prese con la giustizia) piega le ginocchia a tanti. Gazzarra indecorosa, giochi di potere arrogante e sfacciato, cosa pubblica considerata come propria.
Ma non è questo Barnum da retrobottega che avvilisce.
A sconfortare davvero è la consapevolezza che questi politici siamo noi, ci rappresentano come una immagine speculare. L’Italia non è mai stata una Repubblica, è rimasta quella dei comuni, delle congreghe, delle conventicole, del “Piove, governo ladro”, della Cassa per il Mezzogiorno trasformata in mangiatoia di tutti tranne di quelli che ne avevano bisogno, dei discorsi sui massimi sistemi mentre in strada un pensionato ruba per fame, dell’atto di dolore scandito dalla mano che poco prima ha rubato.
In Parlamento siamo stati noi a gridare contro chi non si intruppava; siamo stati noi a sputare su un collega, dimenticando ruolo e doveri; siamo noi a scegliere per convenienza di bottega, a salire sempre sul carro dei vincitori, a vivere situazioni tragiche ma non serie. E’ il Paese che deve imporre riferimenti a chi viene delegato ad amministrarlo. Il contrario avviene solo per le greggi sui monti.
Stiamo per finire le scorte di benessere accumulate dai nostri padri nell’ultimo dopoguerra. Invece che corciarci le maniche e rimetterci seriamente al lavoro, preferiamo indebitarci e pensare che le falle dello Stato non sono nostre. Lo Stato è altrove, lontano dal nostro orto. Siamo ciechi e non vogliamo vedere perché ci mancano il nerbo, il carattere, lo spessore morale. I pochi che possono procedere dritti sono spiati da una moltitudine che si trascina. Sono osservati con sospetto, come diversi. Per un Falcone, un Borsellino, ci sono stati 10, 100, 1000 Cuffaro che hanno fatto ricorso alla delazione per aiutare gli amici. Ed altri 100.000 che fingono di non sapere. Al Nord come al Sud.
Siamo noi la nostra vergogna. E lo saremo alle prossime elezioni, quando ci compreranno con una elemosina, con la promessa di una elargizione, con graziose concessioni da principi grassi e scaltri, con discorsi da piazzista.
Teniamoci gli azzeccagarbugli, le corporazioni, le auto blu, gli ospedali che uccidono, scuole e sanità da terzo mondo offerte a tutti in nome di una democrazia senza palle, fatta solo di forme e chiacchiere. Ma, almeno, tentiamo di essere così dignitosi da non lamentarci e da non indignarci. L’indignazione è di chi può camminare a testa alta, non di chi si adatta a fare il servo.
Tarantella per il Requiem di una nazione mai nata.

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