Terremoto, il testo della sentenza. PresaDiretta a L’Aquila
21 Gen 2013 | Di Giuseppe | Categoria: OpinioniIl programma tv “PresaDiretta“, condotto da Riccardo Iacona su Raitre, è finito da qualche ora. Eppure si fatica a sedare la rabbia, la ribellione che resta muta e violenta, dopo la puntata del 20 gennaio 2013. Gran parte della trasmissione è stata dedicata al terremoto che distrusse L’Aquila nella notte del 6 aprile 2009 ed al processo contro i componenti della Commissione Grandi Rischi della Protezione Civile. Un’immagine riassume tutto: il 22 ottobre scorso, i parenti delle vittime ascoltarono la sentenza tenendosi per mano, senza dire una parola. L’obiettivo si spostava su quei volti di pietra e sulla compostezza di chi aveva perduto sorelle, figli, genitori. Con la dignità del silenzio, gli abruzzesi dimostrarono che cosa significasse senso civile. Mentre gli avvocati difensori scuotevano la testa a favore di telecamere, le parole del giudice Marco Billi calavano nette nella piccola aula: 6 anni di reclusione per tutti gli imputati, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nessuno ha esultato o pianto. La giustizia ha fatto il suo dovere, ma non ha cambiato i contorni della tragedia.
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» Cliccare qui per rivedere la puntata di PresaDiretta del 20 gennaio 2013.
Poche ore dopo, ai più avventati ed a buona parte dell’ambiente scientifico internazionale bastarono pochi minuti per bollare la sentenza come una nuova caccia alle streghe. Al giudice Billi sono stati necessari 943 pagine e 88 giorni per spiegare “nero su bianco” le ragioni della sua decisione.
I capi di imputazione erano pesanti: omicidio colposo plurimo, disastro colposo, lesioni personali colpose. La tragedia, da cui era scaturito il procedimento giudiziario durato 13 mesi, è di quelle che non si possono dimenticare: 309 morti, 1.600 feriti e quasi 100.000 sfollati.
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» Le motivazioni della sentenza emessa il 22 ottobre 2012, rese note il 18 gennaio 2013.
Nelle motivazioni della sentenza, depositate due giorni prima del termine previsto e rese note il 18 gennaio, il magistrato si è impegnato a non lasciare nulla al caso. Il documento riporta tabelle, dati statistici, testimonianze, interviste, verbali, grafici e formule matematiche che – secondo il giudice monocratico di primo grado – hanno inchiodato alle loro responsabilità i componenti della Commissione Grandi Rischi: Franco Barberi, presidente vicario della stessa Commissione; Bernardo De Bernardinis, vice-capo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione Civile; Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv); Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, professore ordinario di fisica all’Università di Genova; Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico del Dipartimento della Protezione Civile; Giulio Selvaggi, allora direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv.
Ovviamente, non si è trattato di un processo alla scienza, come ripetuto nelle giaculatorie dei “difensori a prescindere”, in servizio permanente su ogni causa che offra un pertugio per ficcarci il becco. Come scritto a pagina 215 delle motivazioni, «la lettura del capo di imputazione evidenzia, con estrema chiarezza, che il P.M. (cioè il Pubblico Ministero, n.d.r.) non contesta agli imputati la mancata previsione del terremoto o la mancata evacuazione della città di L’Aquila o la mancata promulgazione di uno stato di allarme o un generico mancato allarme o un generico “rassicurazionismo”, ma addebita agli imputati la violazione di specifici obblighi in tema di valutazione, previsione e prevenzione del rischio sismico disciplinati dalla normativa vigente alla data del 31.3.09 e la violazione di specifici obblighi in tema di informazione chiara, corretta e completa».
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» La requisitoria del 25 settembre 2012, pronunciata dal pubblico ministero Fabio Picuti.
» La memoria finale depositata presso il Gup dal Pm Fabio Picuti il 13 luglio 2010.
Quasi a prevenire le successive critiche, Billi afferma a pagina 67: «In questa sede non occorre procedere all’esame delle diverse tesi scientifiche in tema di fenomeni precursori dei terremoti perché viene dato per scontato il fatto che non è possibile prevedere con certezza una scossa futura ed in particolare la sua data, l’ora, la localizzazione esatta, la magnitudo e la durata sulla base dello studio dei fenomeni precursori. I precursori non consentono di prevedere deterministicamente i terremoti, in quanto sulla base dello stato attuale delle conoscenze scientifiche non è assolutamente possibile, una volta accertata la ricorrenza di un possibile fenomeno precursore, effettuare una previsione deterministica, in termini di certezza, in ordine ad una futura eventuale scossa».
La consapevolezza dei limiti che incontrano le conoscenze scientifiche, limiti di cui non si può pretendere un superamento impossibile, fa tornare in mente l’obiezione che più volte, durante le interviste televisive, il professor Boschi fece in merito agli allarmi lanciati dal tecnico Giampaolo Giuliani, deriso perfino dal notiziario Studio Aperto qualche giorno prima del sisma. Inducendo una sensazione di oltraggio in chi aveva seguito con preoccupazione gli eventi a L’Aquila, Boschi chiedeva retoricamente «Perché Giuliani non ha indicato l’ora ed il luogo del terremoto?»
Fra le numerose prove testimoniali e documentali, l’accusa ha depositato una pubblicazione scientifica dal titolo “Proteggersi dal terremoto”, scritta nel 2004 dal professor Mauro Dolce (uno degli imputati del procedimento) insieme al professor Alessandro Martelli ed al professor Giuliano Francesco Panza, sottolineando che l’imputato Dolce non aveva espresso alcuna contrarietà o minimo dissenso rispetto al tema trattato. Superando l’orgia di titoli accademici, non occorre grande sforzo per evincere dal titolo dello scritto che qualche elemento di orientamento possa emergere dallo studio dei fenomeni sismici, nelle loro dinamiche e nella loro cronistoria.
Evitando di ripetere argomentazioni già esposte nei precedenti articoli su questo blog, si possono enucleare due principi-base violati dai componenti della Commissione Grandi Rischi: il principio della responsabilità ed il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati.
Principio di responsabilità. Se ad una persona onesta si conferisse l’incarico di guidare un autobus senza ruote, lo stesso individuo si tirerebbe indietro e rifiuterebbe di assolvere al compito assegnato, oppure si dimetterebbe subito dopo aver raggiunto la consapevolezza di non poter soddisfare la richiesta. Dando per scontato che la migliore difesa è rappresentata dalla prevenzione e che è impossibile predire lo sviluppo di un fenomeno sismico, è legittimo chiedersi perché i membri della Commissione ne facessero parte ed a che scopo si siano riuniti il 31 marzo 2009. Se non si poteva fare altro che attendere (e pregare), perché restare in un organismo del tutto inutile? Perché prestarsi ad una finzione senza alcuna utilità? Alla giornalista Lisa Iotti di “PresaDiretta”, il luminare Enzo Boschi ha confidato che la riunione fu una farsa, senza rendersi conto che è reato avallare una sceneggiata quando si riveste un incarico pubblico e, soprattutto, senza mostrare alcun segno di consapevolezza che quel consesso di esperti non si configurava come una recita scolastica, ma era la “voce” da cui gli aquilani attendevano indicazioni per la salvaguardia della loro incolumità, dopo mesi di scosse telluriche.
Diritto dei cittadini ad essere informati. In realtà, come emerso nei mesi successivi e come accertato durante le indagini e nel corso del processo, gli accademici “noti in Italia ed all’estero” non hanno fatto che seguire pedissequamente – e senza opporre alcuna rimostranza di cui si abbia notizia – i voleri di Guido Bertolaso, il boss della Protezione Civile che dettava perfino i comunicati da distribuire alla stampa, come emerso dalle intercettazioni telefoniche e come confermato dinanzi al giudice dallo stesso Bertolaso che ha ribadito la sua intenzione di compiere una «operazione mediatica». Addirittura, sono venuti a galla i tragicomici complimenti rivolti a Bertolaso da un docilissimo Boschi, come si può ascoltare nel colloquio telefonico intercorso fra i due il 9 aprile 2009. Lo scopo dell’operato della Protezione Civile sembrava quello di descrivere il Paese dei Balocchi, dove nulla di grave potesse accadere; il tutto per propiziare quell’immagine di efficienza e di “gente del fare” propagandata per anni. Così facendo, agli aquilani venne negato il fondamentale diritto di essere esaurientemente informati su quanto stava avvenendo e sui rischi corsi. La popolazione non fu messa in grado di scegliere le precauzioni da adottare, perché venne tenuta all’oscuro di tutto.
Nei fatti, le funzioni della Commissione Grandi Rischi non sono così aleatori come sembrano; esse risultano disciplinate nel dettaglio. Come si legge nelle motivazioni della sentenza del 22 ottobre scorso, «i compiti di “valutazione dei rischi” e di “previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio” delineano lo statuto giuridico dei componenti della Commissione Grandi Rischi e ne indicano i doveri. Il contenuto di tali compiti non è rimesso al prudente apprezzamento dell’interprete, ma è espressamente definito dal legislatore all’art. 3 commi 2 e 3 della Legge 24/02/1992 n. 225 nella parte in cui stabilisce che: “la previsione consiste nelle attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi ed alla individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi”; “la prevenzione consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi di cui all’articolo 2 anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione”».
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» La Legge n. 225 del 24.02.1992 istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile.
Tirando le somme, secondo il giudice, la Commissione Grandi Rischi non svolse con il necessario scrupolo il compito che le era stato assegnato dalla legge, cioè valutare la situazione e ridurre nella maggiore misura possibile le eventuali conseguenze di un terremoto. Invece di adoperarsi per l’incolumità degli aquilani, ci si preoccupò di portare a termine «un’operazione mediatica» per tranquillizzare la gente. «L’effetto tragico di tale scelta – si legge nelle motivazioni della sentenza – verrà colto in pieno all’esito dell’esame delle deposizioni testimoniali attraverso le quali è stato ricostruito il processo motivazionale che ha indotto le singole vittime di questo processo a rimanere in casa la notte a cavallo tra il 5.4.09 ed il 6.4.09».
Il proposito di non creare allarmismo nella cittadinanza, comunicato da Guido Bertolaso, allora Capo del Dipartimento della Protezione Civile, fu così ben attuato che i cittadini furono indotti a restare in casa nella tragica notte del 6 aprile, convinti dagli esperti che non c’era alcun pericolo imminente. Gli scienziati obbedirono bovinamente al burocrate con smanie di onnipotenza (parole pronunciate da Enzo Boschi durante l’intervista rilasciata a “PresaDiretta”), abdicando alla loro etica di studiosi ed alla loro funzione di massimi consulenti della Protezione Civile.
«In tal modo – scrive il giudice Marco Billi – la popolazione aquilana è stata investita da un contenuto informativo diretto e rassicurante che ha disinnescato la istintiva ed atavica paura del terremoto ed ha indotto i singoli ad abbandonare le misure di precauzione individuali seguite per tradizione familiare in occasione di significative scosse di terremoto», con disastrose conseguenze.
Agli esperti non è stata addebitata l’incapacità di prevedere il terremoto; essi sono stati ritenuti colpevoli di aver compiuto l’operazione inversa a scopo mediatico, fornendo rassicurazioni senza alcuna base plausibile: poiché non si può indicare con precisione quando si verificherà un sisma, è altrettanto impossibile – ed azzardato – escluderne l’evenienza. Durante “PresaDiretta” uno dei principi del Foro ha chiesto più volte alla Iotti dove fossero le prove di tali rassicurazioni. Grazie all’ottimo lavoro giornalistico dei redattori del programma, è saltata fuori parte dell’audio di una conferenza stampa con la quale si definiva improbabile un grave evento sismico.
Nelle motivazioni della sentenza, si citano anche alcuni particolari riferiti da più testimoni, come il messaggio recepito dalla popolazione: «il fenomeno è normale, è energia che si scarica, bisogna abituarsi a convivere col terremoto, non vi è alcun indizio premonitore di scosse più forti, i danni sono contenuti, hanno detto che una scossa più forte di quella dell’altro giorno non può fare e se la casa ha retto a quella… se ci fossero stati pericoli ce lo avrebbero detto».
Gli aquilani ebbero fiducia nella Protezione Civile ed abbandonarono le «abitudini di prudenza attuate fino al 30.3.09, consistenti nel lasciare subito le abitazioni in occasione di scosse di terremoto di una certa intensità e nel rimanere all’aperto in attesa dell’esaurirsi delle repliche».
Una delle tesi difensive è stata quella di addossare alla stampa la responsabilità di aver travisato le comunicazioni della Protezione Civile. Pur di negare la colpa degli imputati (colpa definita giuridicamente come imperizia, imprudenza o negligenza), si è scelto di ignorare che il caposervizio della redazione locale del quotidiano abruzzese “Il Centro” ha perso le figlie ed il padre a causa del sisma. Immaginare lo stesso Parisse ascoltare in aula questa tesi pretestuosa provoca un brivido di pudore e di repulsione allo stesso tempo.
In molti ricordano le parole pronunciate da Bernardo De Bernardinis, vicecapo del settore tecnico-operativo della Protezione civile, durante una intervista rilasciata al giornalista Gianfranco Colacito. Intervistatore, a conclusione del colloquio: «…intanto ci facciamo un buon bicchiere di vino di Ofena». De Bernardinis: «… assolutamente, assolutamente, o un Montepulciano di quelli assolutamente doc, diciamo. Mi sembra importante questo».
Non solo. Sempre riportando passi delle motivazioni depositate dal magistrato Marco Billi, ecco «alcune delle frasi tratte dalla bozza del verbale della riunione (quella del 31 marzo 2009), confermate parola per parola dalla teste Salvatori, che trovano corrispondenza, quanto a temi trattati e a termini impiegati, con il contenuto del verbale ufficiale, con le interviste e con le deposizioni degli altri testimoni sopra citati: “i periodi di ritorno sono nell’ordine di 2 – 3.000 anni, con un grado, però, di incertezza. I forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile il rischio a breve di una forte scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta” (Boschi)».
«Tale indicazione, peraltro – si legge nel documento del Tribunale dell’Aquila – risulta scarsamente compatibile con il dato ricavabile dal “Rapporto d’evento del 31.3.2009” del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, illustrato in sede di riunione dal dott. Selvaggi ed allegato al verbale ufficiale, secondo cui L’Aquila, in periodo storico (in soli 400 anni), è stata investita da n. 3 scosse distruttive di terremoto (1349, 1461, 1703). La parte finale dell’affermazione del prof. Boschi sopra riportata (“Improbabile il rischio a breve di una forte scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta”), inoltre, contiene un’argomentazione talmente indeterminata da risultare pressoché inutilizzabile in relazione ai doveri di valutazione, previsione e prevenzione normativamente disciplinati. Definire un evento genericamente “improbabile” e aggiungere che la sua verificazione in ogni caso “non si può escludere in maniera assoluta”, significa non apportare alla valutazione del rischio alcun contributo concreto».
Boschi, allora presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si spinse oltre: «Studiamo con molta attenzione l’Abruzzo e lo stato delle conoscenze ci permette di fare delle affermazioni certe». E poi: «Escluderei che lo sciame sismico sia preliminare di eventi» (bozza di verbale). Non per nulla, Boschi è lo stesso studioso che, assieme a Franco Barberi (presidente vicario della Commissione Grandi Rischi), lanciò nel gennaio 1985 un “allarme terremoto” nell’area della Garfagnana, facendo evacuare circa 100.000 persone. Barberi, nel corso della riunione del 31 marzo 2009, in base alle carte processuali, dichiarò: «Gli sciami tendono ad avere la stessa magnitudo ed è molto improbabile che nello stesso sciame la magnitudo cresca. Questo non significa che abitazioni obsolete non possano avere danni alle strutture non portanti (controsoffitti, ecc…» E poi: «Questa sequenza sismica non preannuncia niente ma sicuramente focalizza di nuovo l’attenzione su una zona sismogenetica in cui prima o poi un grosso terremoto ci sarà» (parole confermate dall’interessato, durante il dibattimento).
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» Il verbale della riunione della Commissione Grandi Rischi, svoltasi il 31 marzo 2009.
La sentenza stigmatizza duramente il comportamento della Commissione Grandi Rischi: «L’attività di previsione, prevenzione ed analisi del rischio è stata svolta in modo superficiale, approssimativo e generico, con affermazioni apodittiche ed autoreferenziali, del tutto inefficaci rispetto ai doveri normativamente imposti. La carente analisi del rischio sismico non si è limitata alla omessa considerazione di un singolo fattore ma alla sottovalutazione di molteplici indicatori di rischio e delle correlazioni esistenti tra tali indicatori. Dalla condotta colposa degli imputati è derivato un inequivoco effetto rassicurante».
Per concludere, alcune osservazioni.
1) La solidarietà a buon mercato si conferma come lo sport nazionale e – almeno in questo caso – internazionale. In migliaia, pur non avendo letto né la requisitoria del Pubblico Ministero, né le motivazioni della sentenza, hano manifestato la loro vicinanza agli scienziati coinvolti, in nome di una scienza allergica alle leggi, cioè alle regole basilari del vivere civile. Stranamente, però, la pubblicazione delle motivazioni non ha avuto la stessa eco dell’indignazione conclamata due mesi prima. Gli scudi contro una giustizia ottusa che pretende l’impossibile dalla scienza sono rimasti nelle mani di qualche sprovveduto che, in un italiano zoppicante, ha trovato spazio solo su Twitter.
2) L’ambigua vocazione di alcune critiche è stata dimostrata anche dalle omissioni, come nel caso de Il Giornale, diretto da Alessandro Sallusti. Quando venne emessa la sentenza, il quotidiano titolò a tutta pagina: “Condannati per non essere dei maghi”. Sommario: “Ricordate il terremoto che rase al suolo L’Aquila nel 2009? Secondo la giustizia italiana poteva essere previsto. Il giudice, infatti, ha condannato a sei anni tutti i membri della Commissione Grandi Rischi. Sei milioni alle parti civili”. Delle motivazioni della sentenza, nelle quali sono espressi con chiarezza i motivi della condanna, nessuna traccia, come di vede nelle seguenti pagine: http://www.ilgiornale.it/tag/laquila.html oppure http://www.ilgiornale.it/tag/terremoto.html. O si è dimenticata la regola base della cronaca nera e cioè che un fatto va seguito sino alla fine, oppure si è preferito non smentirsi, trattando i propri lettori come scolaretti a cui impartire dall’alto la lezione più conveniente.
3) Boschi. Accademico dei Lincei dal 1982, scienziato di fama mondiale, non fa altro che ripetere anche tramite il suo account ufficiale su Twitter che lui – poverino – non sapeva nulla di nulla, che faceva parte di diritto della Commissione Grandi Rischi poiché presidente dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv), che non ne otteneva benefici economici e che le sue parole non furono ascoltate. E’ credibile un uomo di scienza che non è in grado di far valere la sua opinione, che si comporta come se tutto gli scivolasse addosso, che ancora oggi non capisce bene di che cosa è accusato? Viene da ipotizzare un blocco mentale, una inazione patologica. Forse, farebbe bene ad imitare il silenzio doloroso degli aquilani: la sua dignità se ne gioverebbe.
4) Ancora Boschi. Fra i tanti messaggi pubblicati su Twitter in cui palesa la sua mortificazione di uomo e di scienziato, non sono riuscito a trovarne uno riferito alle vittime del sisma. Di certo, questa lacuna è dovuta alla mia disattenzione; ma, con altrettanta sicurezza, verrebbe da supporre che i 309 morti dell’Aquila non sfiorino più di tanto i suoi pensieri. Tuttavia, poiché il processo alle intenzioni è stato interamente appaltato dagli imbecilli che hanno inveito contro la giustizia oscurantista, si preferisce pensare ad una semplice e temporanea dimenticanza. Meno indulgenti si dovrebbe essere con il ministro Corrado Clini che, nonostante il suo ruolo di governo, si lasciò andare a considerazioni insultati per la comune intelligenza. All’indomani della sentenza, l’incauto Clini accostò l’eroico Boschi a Galileo, poiché entrambi vittime di una persecuzione contro la scienza. Le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente furono ovviamente riprese dalle agenzie di stampa e fecero il giro del mondo: non capita tutti i giorni di fare un salto indietro nella storia con quel po’ po’ di paragone. La similitudine rimbalzò perfino sul New York Times, probabilmente la testata più prestigiosa al mondo. E tanto bastò a Boschi per sentirsi consolato, dicendo: «Il New York Times ha accostato il mio caso a quello di Galileo». Purtroppo per il dolente scienziato, nessun giornalista o commentatore straniero, dai giornali più famosi alle gazzette più neglette, è stato così superficiale come Clini. Posso affermarlo con certezza perché trascorsi una interna giornata a consultare numerosi archivi giornalistici.
5) I paladini della sacralità della scienza, tanto saccenti quanto allergici alle ragioni del Diritto, non hanno mai citato la deposizione dello scienziato russo Vladimir Kossobokov, considerato uno dei massimi esperti mondiali di terremoti. Lo studioso fu molto critico nei confronti dei colleghi italiani e disse che «c’erano tutti gli elementi non per predire il terremoto, ma per prevedere che lo sciame crescente, la storia sismica del territorio aquilano, la vulnerabilità degli edifici – soprattutto quelli del centro storico – potevano far pensare a una forte scossa con crolli delle abitazioni o gravi danni»; inoltre, Kossobokov affermò che «il ripetersi di piccole scosse non può portare alla conclusione che ci si trova di fronte a uno scarico di energia», come fu sostenuto in quei giorni di 4 anni fa (quotidiano “Il Centro” dell’8 marzo 2012).
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» Cliccare qui per leggere le dichiarazioni dello scienziato russo pubblicate dal quotidiano “Il Centro”.
» Cliccare qui per collegarsi al video del servizio di RaiNews 24 dedicato al lavoro di Vladimir Kossobokov.
» Il curriculum dello scienziato russo Vladimir Kossobokov, uno dei massimi esperti mondiali di terremoti.
6) Di fronte al pressappochismo degli scienziati, dei burocrati, degli amministratori, arroganti nel decidere e piagnucolosi nel subire le conseguenze delle loro responsabilità, non si può evitare di ammirare il coraggio del giovane giudice Marco Billi (nella foto a sinistra) che ha comminato pene superiori a quelle richieste dall’accusa (i Pm Roberta D’Avolio e Fabio Picuti avevano sollecitato 4 anni di reclusione). Il magistrato era consapevole che la sua decisione avrebbe scatenato un putiferio, che sarebbe stata strumentalizzata (non si dimentichi che Bertolaso godeva di carta bianca) e che nel parterre fremeva la crème de la crème dell’arte forense italica; nonostante ciò, ha emesso un verdetto esemplare, netto, motivato, ben ancorato all’assunto e cioè alla violazione della normativa vigente. Non ha restituito la vita ai familiari delle vittime, che hanno avviato l’iter giudiziario, ma ha restituito un senso alla parola Giustizia, un senso che gli aquilani, gli abruzzesi e gli onesti non dimenticheranno.
Gli articoli sul terremoto a L’Aquila pubblicati in precedenza
» Terremoto L’Aquila: Commissione Grandi Rischi, condanne a 6 anni. Poco!
» Sentenza terremoto a L’Aquila, gli scienziati protestano
» Bertolaso shock: la verità sulla situazione non la si dice
Bellissimo articolo,
spiega chiaramente ciò che è avvenuto!
Grazie per l’osservazione finale, speriamo sia da esempio per chi in Italia è e vuole essere professionale nel suo lavoro.
Risposta
Grazie a lei, di cuore, per il suo commento.
[…] […]
Punto primo. Dite a Iacona che INGV non vuol dire Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia. Un giornalista non può sbagliare una cosa del genere, soprattutto se è una registrazione. Posso solo supporre quanto potesse essere informato sul resto…
Secondo. Trasmissioni come quella di ieri sera sono utili a far capire tante cose, tra le quali di chi siano le responsabilità vere e quali siano le persone che hanno avuto direttamente, in questo caso, qualche cosa sulla coscienza. La CGR da un parere, la Protezione civile comunica. Ma non può comunicare quello che non è stato detto, deve attenersi a quello che è stato indicato!! Altrimenti qualsiasi interpretazione potrebbe essere scambiata per opinione personale. Processo sommario elegantemente mascherato da processo guida per futuri casi del genere. Altro che sentenza esemplare, tutti trattati allo stessa stregua, tutti stracondannati. E chi ha costruito case con sistemi non idonei, chi glielo ha permesso, e chi ha chiuso gli occhi e le orecchie di fronte a tutti i terremoti che ci sono stati in Italia negli ultimi 35 anni e non ha fatto nulla perchè le case fossero strutturate in modo conforme sta con la fedina penale pulita e la coscienza a posto: intoccabili… e qui ci va di mezzo qualcuno, non tutti, che non ha alcuna responsabilità…che giustizia è mai questa?
Risposta
Sul primo punto ha ragione, benché nessuno sia infallibile. La dizione esatta è “Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia” (cliccare qui per collegarsi al sito dell’Ingv)). Sul secondo punto, andrebbero riportate le dichiarazioni di Guido Bertolaso che, in udienza, ha affermato di avere avuto numerosi colloqui con gli esperti; si tratta dello stesso Bertolaso a cui Enzo Boschi ha espresso stima su Twitter ed in tv. Chi mente? Personalmente, sono propenso a credere che le consultazioni ci siano state e che siano state improntate ad una eccessiva accondiscendenza da parte degli esperti (accondiscendenza che si è trasformata in “colpa” penalmente rilevante).
Continuo a ritenere la sentenza esemplare, nonché ben articolata, e spero di essere riuscito a spiegarne i motivi con i miei post. Andare controcorrente è molto difficile; quando ciò avviene, va dato merito al coraggio (in questo caso, esso va attribuito al giudice Marco Billi).
Riguardo alle altre responsabilità, che risultano evidenti e che sono oggetto di indagini, la magistratura dovrà fare il suo corso senza remore. Per restare in tema, la posizione di Guido Bertolaso, ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, è stata stralciata e sarà trattata in un distinto procedimento giudiziario.
Sulla prevenzione, credo sia impossibile non concordare con lei: essa va fatta al più presto. Per concretizzarla, però, non basta elaborare uno studio, spedirlo alle autorità competenti e disinteressarsene. E’ necessario iniziare a battere i pugni sul tavolo, sia per il bene comune, sia per la dignità di chi fornisce la consulenza.
Un sincero grazie per aver avuto la pazienza di leggere il mio post.
Chiedo ad Andrea che ha lasciato il commento precedente se abbia letto o meno le motivazioni della sentenza prima di scrivere ciò che ha scritto e soprattutto se, prima di dire che si è trattato di un processo sommario, lo abbia minimamente seguito in aula o attraverso i giornali locali (quelli nazionali non lo hanno seguito se non in un paio di occasioni).
300 testimoni in aula, migliaia e migliaia di pagine di pubblicazioni scientifiche, solo la richiesta del PM di ben 500 pagine, 1 udienza a settimana e in alcune settimane anche 2.
7 imputati, 29 vittime per i quali sono ritenuti colpevoli ed altre 8 per le quali sono stati assolti (perché ci sono anche delle assoluzioni).
Ogni cavillo giuridico spaccato in 4, analizzato.
Si può non essere d’accordo con le motivazioni e per questo ci saranno sicuramente dei ricorsi in appello, ma come si fa a dire che si è trattato di un processo sommario?
Ho letto buona parte della requisitoria e delle motivazioni della sentenza e se tu, Marta, mi sai spiegare se tutti gli imputati e condannati in questo giudizio hanno detto che non c’era pericolo per un terremoto te ne sarei grato. Qualcuno ha detto in conferenza stampa, e in altre occasioni pubblicamente, frasi che non sono riconducibili al documento espresso dalla CGR per la Protezione Civile, e per questo, a mio avviso, non credo possano essere tutti trattati allo stesso modo. Chi ha parlato in modo improprio se ne assuma la responsabilità. Non sono avvocato o geologo, ma la sommarietà in cui è stato trattato questo procedimento mi scaturisce proprio dal fatto che sia stata data un’attribuzione di responsabilità eguale per tutti, quando così non è stato nei fatti. Relativamente al fatto che gli studi vengono fatti, comunicati e tralasciati dai rispettivi organi che se ne dovrebbero interessare, qui rispondo all’autore dell’articolo, vorrei dire che questo non è assolutamente vero. Perchè certi studi sono vecchi di 25 e passa anni e sono noti a tutti, ma dal capirli a farne un buon uso capisco la differenza, ma non è certo compito di chi quegli studi ha fatto poi metterli in pratica. Lo Stato Italiano, la Protezione Civile ha un ruolo ben specifico in questo caso ed è presente a tutti i livelli, Regioni, Provincie, Comuni in cui queste competenze devono, ripeto devono, essere svolte coscientemente. Ma tutto ciò è sempre stato disatteso, questo spiega perchè ad ogni terremoto stiamo qui a far la conta dei poveretti che ci hanno rimesso la pelle e delle famiglie colpite negli affetti più cari ed anche dei danni che provoca . Le Mappe sismiche, il catalogo di tutti gli edifici a rischio sismico esistono da tantissimo tempo, possibile che nessuno li abbia visti mai o ne abbia sentito mai parlare? Non ci credo. Credo che invece sia più semplice mettere in galera qualcuno, a torto o a ragione, e continuare per la stessa solita strada. Sono passati quasi quattro anni da quel terremoto e nel frattempo, nel nostro paese, non si è ancora fatto nulla. Spero di finire di leggere tutto su questo processo per poter essere più informato di adesso, ciononostante le mie impressioni le volevo esternare comunque. Grazie per la pazienza, grazie se mi rsponderete.
Risposta
1) Se ho ben capito, nella prima parte del suo commento lei critica il fatto che la stessa condanna sia stata comminata a tutti i componenti della Commissione Grandi Rischi, senza distinzioni. Credo lei dimentichi che si sta parlando di un organo collegiale, riunitosi il 31 marzo 2009 per esaminare la situazione. Al termine dell’incontro (durato 45 minuti), fu stilato un verbale, approvato e firmato da tutti. Nessuna nota di dissenso, nessuna posizione divergente dalle altre. I partecipanti sottoscrissero il documento. In qualunque Paese dove esiste il Diritto, alla collegialità ed alla consensualità consegue la condivisione delle responsabilità. E’ un principio giuridico, oltre che di banale buon senso. Lei firmerebbe un atto ad occhi chiusi, senza conoscerne il contenuto? Io no. A maggior ragione, persone investite da compiti delicatissimi non potevano agire come se si trattasse del consesso di un dopolavoro ferroviario.
2) Quali sono i fatti, le dichiarazioni, le interviste, i documenti che consentirebbero di calibrare le responsabilità? A parte De Bernardinis, vice di Bertolaso mandato a L’Aquila, che rivolse il noto invito a bersi un bicchiere di vino piuttosto che preoccuparsi, non ricordo prese di posizione nette e chiare da parte degli altri componenti della Commissione Grandi Rischi (qualcuno telefonò a De Bernardinis per dirgli “sei un incosciente”?). Semmai, rammento l’aria di sufficienza con cui vennero commentati gli allarmi lanciati da Giampaolo Giuliani, fatto passare per un mitomane e denunciato per procurato allarme dal sindaco di Sulmona. Se io sentissi deridere chi paventa l’imminenza di un sisma, sarei indotto a pensare che non vi siano rischi. Se non vi sono state iniziative dei singoli, va detto che fu proprio il silenzio degli esperti a configurare il reato (specificatamente la colpa), a manifestarne il pressapochismo che – purtroppo – rischia di fare rima con menefreghismo negli accadimenti.
3) La popolazione aquilana fu invitata ad adottare le più elementari precauzioni, come correre sotto alla porta più vicina in caso di scosse, o tenere una bottiglietta d’acqua sul comodino, o indossare un fischietto? Si tratta di piccoli accorgimenti che possono salvare una vita. Ma non ricordo interviste o foglietti con istruzioni a vantaggio degli aquilani. Se viaggiamo in aereo o in nave, ci spiegano che cosa fare in caso di incidente, oppure troviamo opuscoli illustrativi. Si fece ricorso a queste minime accortezze?
4) Gli studi ignorati. So anche io che esistevano rapporti sulle zone sismiche italiane, nelle quali si ipotizzava per L’Aquila un numero di vittime compreso fra le 4.000 e le 15.000 unità in caso di forte terremoto. Parlo del rapporto Barberi, nonché delle mappe elaborate da Boschi. Proprio per questa consapevolezza ho scritto che, se non si viene ascoltati, occorre battere i pugni sul tavolo. Lei preferirebbe farsi 3 mesi di arresti domiciliari per procurato allarme o tenersi sulla coscienza la morte di centinaia d’innocenti? Il povero Giampaolo Giuliani, pur di far conoscere quel che stava rilevando in quei giorni, accettò di farsi sbeffeggiare dalla nazione e subì una querela. I baroni della sismologia italiana restarono zitti. Perché? La sola giustificazione che sono riusciti a fornire durante il processo è che fu la stampa a fraintendere e rassicurare, come se tutti i giornalisti fossero stati presi dalla smania di sedare paure ed ansie.
5) Sempre parlando di studi ignorati, lei dimentica che la Commissione Grandi Rischi è un organo, una articolazione della Protezione Civile, il cui compito è salvaguardare il territorio e gli italiani, disponendo di ampi poteri per agire. Mi pare che a L’Aquila si assisté al paradosso del silenzio proprio da parte di quegli studiosi che avevano lanciato allarmi nelle loro relazioni: alla Commissione erano attribuiti compiti consultivi ed essa faceva riferimento a Bertolaso ed al suo vice De Bernardinis. Bertolaso, in udienza, sotto giuramento, ha dichiarato che gli scienziati non lo avevano affatto allarmato. Testimoniare il falso è un reato e, d’altro canto, è difficile immaginare un capo della Protezione Civile che volutamente ignora i rischi. A che pro restare sordo? per finire sul banco degli accusati? per distruggere L’Aquila? Evitiamo di sconfinare nell’assurdo.
6) Per quanto mi riguarda, sono convinto che esistano altri responsabili della tragedia aquilana e spero che le recenti condanne siano soltanto le prime; di certo, non mi auguro siano le ultime. La giustizia – che non è vendetta – va fatta, soprattutto per dimostrare di essere un Paese civile e non una palestra di connivenze, opportunismo, pregiudizi, ignoranza, servilismo. La magistratura sta ancora indagando, ma lei resta scettico. A questo punto, penso sia più semplice e pratico chiedere a lei di indicare i fatti, i brani delle motivazioni, le eventuali testimonianze che la inducono a giudicare sommario il verdetto emesso dal giudice Billi. Nel mio piccolo, ho tentato di descrivere l’impegno degli inquirenti e di indicare i punti salienti della sentenza; Marta ha fornito un eloquente elenco di cifre, che offre la dimensione di un lavoro lungo e meticoloso.
Inutile aggiungere che, se vorrà focalizzare meglio i suoi convincimenti, avrà a disposizione tutto lo spazio che riterrà opportuno.
Purtroppo in questi giorni non ho tanto tempo e tornerò a spiegarmi in modo più preciso, ad ogni modo grazie della risposta.
Una cosa sola, per favore, non tiriamo in ballo Giuliani.
Lascio un link per far capire di chi stiamo parlando:
http://www.abruzzoweb.it/contenuti/terremoto-allerta-giuliani–e-possibile-forte-scossa/502896-302/
E’ inutile dire che non c’è stata alcuna scossa predetta dal Sig. Giuliani…