Terremoto L’Aquila: Commissione Grandi Rischi, condanne a 6 anni. Poco!

23 Ott 2012 | Di | Categoria: In primo piano, In primo piano: news

Alle 3.32 del 6 aprile 2009, un terremoto dell’8º/9º grado della Scala Mercalli distrusse la città dell’Aquila, provocando 309 vittime, circa 1.500 feriti e 65.000 sfollati su 72.000 abitanti. Da settimane, nel territorio aquilano si registravano piccole scosse telluriche. La popolazione era spaventata e ricordava gli eventi sismici del passato: 9 settembre 1349 (10º grado della Scala Mercalli); 26 novembre 1461 (10º grado della Scala Mercalli); 1646; 1672; 14 ottobre 1702 e 2 febbraio del 1703 (10º grado della Scala Mercalli).
Ventinove familiari di vittime e feriti denunciarono i 7 componenti della Commissione Grandi Rischi, che si era riunita il 31 marzo 2009 per esaminare la situazione e che avrebbe minimizzato il pericolo rassicurando la cittadinanza nei giorni antecedenti il terremoto.

Documenti (aggiornamento del 20 gennaio 2013)
» Articolo sulle motivazioni della sentenza e sul servizio di PresaDiretta al processo.
» Le motivazioni della sentenza emessa il 22 ottobre 2012, rese note il 18 gennaio 2013.
» La requisitoria del 25 settembre 2012, pronunciata dal pubblico ministero Fabio Picuti.
» Il verbale della riunione della Commissione Grandi Rischi, svoltasi il 31 marzo 2009.
» La Legge n. 225 del 24.02.1992 istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile.

Le condanne

Lunedì 22 ottobre 2012, nel tribunale dell’Aquila il processo in primo grado si è concluso con la condanna a 6 anni di reclusione per i componenti della stessa Commissione: Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, non presente in aula; Bernardo De Bernardinis, vice-capo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione Civile; Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv), non presente in aula; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case; Claudio Eva, professore ordinario di fisica all’Università di Genova; Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico del Dipartimento della Protezione Civile; Giulio Selvaggi, allora direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv.
Per tutti, i capi di imputazione erano di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali colpose.

Agli imputati sono state concesse le attenuanti generiche, che prevedono uno sconto di pena pari ad un terzo, ma è stata comminata la pena aggiuntiva dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Inoltre, sono stati accordati risarcimenti per un ammontare di 7 milioni e 800.000 euro (più 100.000 euro per le spese giudiziarie delle parti civili). La Presidenza del Consiglio è stata condannata in solido a garantire l’esecutività della pena (in pratica, a pagare).

La sentenza è stata emessa dal giudice Marco Billi, dopo 30 udienze e le deposizioni di 275 testimoni; il pubblico ministero Fabio Picuti aveva chiesto una condanna a 4 anni di reclusione, focalizzando l’attenzione sul verbale della riunione avvenuta il 31 marzo 2009. L’accusa ha contestato agli imputati «una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione all’attività della Commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico». Inoltre, dopo il summit, furono fornite «informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica, vanificando le attività di tutela della popolazione». Secondo il pubblico ministero, gli imputati «sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro funzione» anche sotto il profilo dell’informazione, inducendo le vittime «a restare nelle case».

Documenti
» Cliccare qui per visionare il video con la lettura della sentenza.
» Cliccare qui per leggere la memoria finale depositata presso il Gup dal pubblico ministero Fabio Picuti il 13 luglio 2010.
» Cliccare qui per leggere la dolorosa ma pacata testimonianza pubblicata sul suo blog da Giustino Parisse, giornalista de Il Centro che perse i due figli durante il sisma del 2009.

Tutti gli avvocati difensori hanno manifestato l’intenzione di ricorrere in appello.

La notizia delle condanne è stata riportata da importanti testate giornalistiche estere, come l’emittente televisiva Al Jazeera English, la versione web del quotidiano tedesco Der Spiegel, i quotidiani francesi Le Figaro e Le Monde e spagnoli El Pais ed El Mundo, l’inglese Telegraph, il sito web Huffington Post britannico ed il quotidiano inglese Daily Mail.

L’ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, Bertolaso

L'ex capo della Protezione Civile, Guido BertolasoPer quanto riguarda l’ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, le indagini non sono terminate, ma proseguono; l’ipotesi di reato formulata nei suoi confronti è quella di omicidio colposo, mossa sempre dalla Procura dell’Aquila.
Bertolaso è stato indagato su iniziativa dell’avvocato aquilano Antonio Valentini che ha assistito numerose parti civili durante il processo. L’allora numero uno della Protezione Civile fu denunciato a seguito della diffusione dell’intercettazione di una telefonata fra lui e l’ex assessore della Regione Abruzzo, Daniela Stati: nel colloquio, Bertolaso definì la riunione della Commissione Grandi Rischi come una «operazione mediatica» necessaria per tranquillizzare la popolazione.

Documenti
» Cliccare qui per ascoltare il colloquio telefonico tra Guido Bertolaso e Daniela Stati.
» Cliccare qui per ascoltare la deposizione di Bertolaso durante la 14a udienza del processo, con le dichiarazioni rese ai giudici sulla discussa telefonata con l’assessore Stati.

Le reazioni degli imputati

Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv): «Sono avvilito, disperato. Pensavo di essere assolto. Ancora non capisco di cosa sono accusato».
Bernardo De Bernardinis, vice-capo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione Civile: «Mi ritengo innocente di fronte a Dio e agli uomini. La mia vita da domani cambierà ma, se saranno dimostrate le mie responsabilità in tutti i gradi di giudizio, le accetterò fino in fondo».
L’avvocato Marcello Petrelli, difensore di Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi: «Una sentenza sbalorditiva e incomprensibile, in diritto e nella valutazione dei fatti. Una sentenza che non potrà che essere oggetto di profonda valutazione in appello».
Per Franco Coppi, famoso avvocato e legale di Giulio Selvaggi (allora direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv), le accuse sarebbero insussistenti perché la scienza sa che non si possono prevedere i terremoti.
Alfredo Biondi, ex deputato del Pli e difensore di Claudio Eva, professore ordinario di fisica all’Università di Genova, ha dichiarato che la sentenza «è sbagliata nei fatti e in diritto e che ci sarà un giudice a l’Aquila che si preoccuperà di ristabilire la verità».
Secondo Filippo Dinacci, legale di De Bernardinis, dopo questa sentenza «la pubblica amministrazione si bloccherà. Appena si muoverà una foglia, verrà decretato lo stato di allerta: nessuno farà più niente, si bloccherà tutto».

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» Durante la trasmissione Porta a Porta, Boschi parla della riunione della Commissione; da notare l’espressione di Barberi.

Le reazioni del mondo politico

Massimo Cialente, sindaco del capoluogo abruzzese, ha spiegato: «volevamo questa sentenza per capire, anche se il dramma non si cancella. Il Comune si era costituito parte civile per chiedere giustizia: ma ora la giustizia la vogliamo anche per tutto quello che è successo dopo il 6 aprile» (con evidente riferimento alla mancata ricostruzione).
Stefania Pezzopane, ex presidente della Provincia dell’Aquila ed attuale assessore al Comune, ha detto: «Ci voleva coraggio ed i giudici ne hanno avuto. Finalmente un po’ di giustizia per L’Aquila. Avevo già denunciato l’inganno e la superficialità dei quali si era resa colpevole la Commissione Grandi Rischi. Oggi più che mai sento tutto il dolore per l’inganno che abbiamo subìto. Queste persone erano venute all’Aquila con il proposito predeterminato di rassicurarci. Una vicenda terribile. In questa giornata storica per quello che rappresenta, sono vicina agli aquilani, traditi e umiliati, ma non vinti».
Renato Schifani, presidente del Senato: «E’ una sentenza un po’ strana ed un po’ imbarazzante. Chi sarà chiamato in futuro a coprire questi ruoli si tirerà indietro». «Bisogna vedere le motivazioni» ha poi aggiunto, augurandosi che, quando saranno rese note, da esse «emergano scelte inoppugnabili da parte dei magistrati».
Pierferdinando Casini, leader dell’Udc: «Così si sancisce l’obbligo a non sbagliare. Una follia allo stato puro».

Altre reazioni

Claudia Carosi, sorella di un vittima del terremoto, ha concluso: «Adesso si prenderanno più seriamente gli incarichi pubblici. La nostra non è sete di vendetta. Nostra sorella non può tornare e non tornerà più».
Gianvito Graziano, presidente del Consiglio dei geologi: «Se la sentenza dovesse riguardare la mancata previsione del sisma, ciò significherebbe mettere sotto accusa l’intera comunità scientifica che, ad oggi, in Italia e nel mondo, non ha i mezzi per poter prevedere i terremoti. Tuttavia, penso che l’accusa non vertesse sulla mancata previsione del terremoto, bensì su un comportamento omissivo della Commissione rispetto ad una situazione di rischio, sottolineando comportamenti non diligenti. Se di ciò si tratta, è necessario leggere attentamente la sentenza per capire in cosa, esattamente, i membri della Commissione Grandi Rischi abbiano peccato».

Elementi da non dimenticare: gli allarmi di Giampaolo Giuliani

Il tecnico Giampaolo GiulianiIl principale elemento da non dimenticare nell’intera vicenda è l’allarme lanciato da Giampaolo Giuliani, ex tecnico dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario, distaccato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Giuliani venne indirettamente definito «un imbecille» da Guido Bertolaso, dopo che il tecnico aveva rilasciato interviste su un anomalo e inquietante aumento di gas Radon, rilevato con una strumentazione realizzata artigianalmente; l’accresciuta presenza dello stesso gas faceva preludere ad eventi sismici.
In precedenza, Giuliani aveva ricevuto un avviso di garanzia per procurato allarme, dopo aver ipotizzato per il 29 marzo 2009 un terremoto nella vicina città di Sulmona, evento sismico che non si era verificato (il 22 dicembre 2009, il Tribunale di Sulmona prosciolse Giuliani da ogni accusa, poiché la comunità scientifica riconosce che esista qualche correlazione tra rilascio di gas Radon e movimento delle faglie). A seguito dell’errore, il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, aveva chiesto per lo studioso una «punizione esemplare».

Una prima “punizione” non tardò ad arrivare, veicolata sugli schermi tv nazionali da StudioAperto, il notiziario di Italia Uno. Nel video trovato in Rete (gli altri sono spariti), la speaker parla di «panico diffuso da giorni in Abruzzo per colpa delle previsioni apocalittiche di un vulcanologo».
Insomma, le parole d’ordine furono quelle di sminuire, ridicolizzare, «non creare allarmismo» fra la popolazione (come troppo spesso si propongono di fare amministratori e funzionari pubblici inetti).
Il tecnico aquilano si trovò sottoposto ad una forte pressione mediatica, a cui si aggiunse, dopo il disastro, la frustrazione per non essere riuscito a salvare centinaia di vite e per non essersi ribellato a chi gli intimava di smetterla con i suoi avvertimenti. Del suo crescente stato di prostrazione sono testimonianza i video ancora presenti su internet.
Chi seguì la vicenda ricorda che, inizialmente, Giuliani aveva creato una piccola rete amatoriale di rilevamento del gas Radon; la rete venne quasi completamente smantellata, dopo la denuncia per procurato allarme e dopo l’opera persistente di derisione messa in atto da più mezzi di informazione (Studio Aperto si occupò più volte del caso, presentandolo come una stravaganza o come l’esito di una mitomania).

A prescindere dalle polemiche, resta un fatto: Giuliani salvò la vita ai suoi familiari ed a tutti coloro che abitavano nel suo borgo.

Documenti
» Cliccare qui per vedere l’edizione di Studio Aperto ancora reperibile in Rete.
» Cliccare qui per leggere l’articolo del Corriere della Sera in cui si parla di un terremoto che non c’è.
» Cliccare qui per visualizzare un servizio televisivo dedicato a Giampaolo Giuliani prima del terremoto del 6 aprile 2012.
» Cliccare qui per seguire una delle prime interviste a Giampaolo Giuliani sulla possibilità di prevedere i terremoti
» Cliccare qui per ascoltare una intervista a Giampaolo Giuliani diffusa in rete il 23 marzo 2012.
» Cliccare qui per ascoltare una intervista a Giampaolo Giuliani che si dispera dopo il disastroso terremoto del 6 aprile 2012.
» Cliccare qui per ascoltare per ascoltare Daniela Stati, ex assessore della Regione Abruzzo, che parla di allarmismo.
» Cliccare qui per ascoltare la testimonianza di chi è stato salvato dagli allarmi di Giampaolo Giuliani 01.
» Cliccare qui per ascoltare la testimonianza di chi è stato salvato dagli allarmi di Giampaolo Giuliani 02.
» Cliccare qui per vedere il video con il racconto di Giampaolo Giuliani su come si svolsero i fatti.
» Cliccare qui per assistere all’intervento televisivo del giornalista Mario Giordano che attacca Giampaolo Giuliani.
» Cliccare qui per leggere lo sfogo di Giampaolo Giuliani: «Qualcuno deve chiedermi scusa» (articolo pubblicato da Repubblica).

Elementi da non dimenticare: la deposizione dello scienziato russo Vladimir Kossobokov, sismologo di fama internazionale

Lo scienziato russo Vladimir Kossobokov è considerato uno dei massimi esperti mondiali di terremoti. Il 7 marzo 2012 è stato chiamato a testimoniare nel processo contro i componenti della Commissione Grandi Rischi. Già nell’immediato, Kossobokov assunse una posizione molto critica nei confronti della riunione della stessa Commissione, tanto che nel luglio del 2010 rifiutò di firmare una lettera aperta di sostegno agli scienziati messi sotto accusa dalla Procura dell’Aquila.
Come si legge in un articolo del quotidiano Il Centro, il giornale più importante d’Abruzzo, che riporta la cronaca della 16a udienza, è «impossibile predire il giorno e l’ora in cui si può verificare una forte scossa di terremoto. Ci sono però degli “indicatori” che possono far “alzare” l’asticella del rischio sismico e la popolazione di questo deve essere informata. La Commissione Grandi Rischi, in quella ormai tristemente famosa riunione del 31 marzo del 2009, non fece bene il suo lavoro. E’ la sintesi di quanto ha detto ieri al processo ai componenti di quella Commissione, Vladimir Kossobokov.»
Sempre su Il Centro dell’8 marzo 2012, si può leggere quanto segue:
«In sostanza, secondo Kossobokov, alla data in cui fu riunita la Grandi Rischi c’erano tutti gli elementi non per predire il terremoto ma per prevedere che lo sciame crescente, la storia sismica del territorio aquilano, la vulnerabilità degli edifici – soprattutto quelli del centro storico – potevano far pensare a una forte scossa con crolli delle abitazioni o gravi danni che si sono rivelati fatali per 309 persone. L’esperto ha poi detto che il ripetersi di piccole scosse non può portare alla conclusione che ci si trova di fronte a uno scarico di energia come pure fu detto in alcune avventate dichiarazioni di quei giorni.»

Documenti
» Cliccare qui per leggere le dichiarazioni dello scienziato russo pubblicate dal quotidiano “Il Centro”.
» Cliccare qui per collegarsi al video del servizio di RaiNews 24 dedicato al lavoro di Vladimir Kossobokov.
» Cliccare qui per leggere il curriculum dello scienziato russo Vladimir Kossobokov, uno dei massimi esperti mondiali di terremoti.

Elementi da non dimenticare: Enzo Boschi, l’esperto

Enzo Boschi, ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv)Di Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv) all’epoca del terremoto a L’Aquila, torna in mente soprattutto una domanda che egli ripeté più volte durante le trasmissioni televisive a cui fu invitato: «Se Giuliani aveva ragione, perché non indicò il giorno ed il luogo in cui sarebbe avvenuto il terremoto?»
Di primo acchito, l’interrogativo sembra logico, ma poi il buonsenso suggerisce quanto esso possa essere fuorviante, ingenuo o in malafede. Se Giuliani fosse stato in grado di prevedere ora e luogo del sisma, sarebbe stato insignito non di uno ma di due premi Nobel. Oppure figurerebbe nella cerchia dei Beati.
Come può un uomo di scienza pretendere che uno studioso (“un tecnico di laboratorio”, come il plurititolato professore definì più volte Giuliani, con malcelato sussiego) riesca ad essere così chirurgico nelle sue previsioni, quando l’intero mondo accademico non è ancora riuscito a fornire elementi di predizione univoci?
Giuliani fece molto più di quanto transitò per la mente dei presunti esperti chiamati in giudizio, la cui sola preoccupazione fu il burocratico intento di non creare allarmismo, senza percepire minimamente il rischio che correvano decine di migliaia di persone (in caso contrario, la loro indifferenza o negligenza o imperizia o imprudenza andrebbe classificata come pura criminalità).
Una delle obiezioni più frequenti fu quella che non era possibile evacuare una intera città per un “semplice” allarme. Tralasciando il fatto che fra l’evacuazione totale e l’invito a dormire fuori casa intercorre qualche differenza e – probabilmente – qualche centinaio di vite salvate, non sarebbe stato preferibile sgombrare il capoluogo o anche semplicemente informare la popolazione (perfino spaventandola), piuttosto che contare le vittime della sola Casa dello Studente, venuta giù come fosse di cartone sul sonno di decine di ragazzi?
Eppure, il professor Boschi non era nuovo a provvedimenti del genere: come si legge nella pagina a lui dedicata su Wikipedia, «Nel gennaio 1985 fu promotore, insieme a Franco Barberi, di una segnalazione di “allarme terremoto”, per la prima e per ora unica volta in Italia. In base ad analisi storico-statistiche, fece una previsione di un imminente sisma nell’area della Garfagnana. L’allora ministro della Protezione Civile, Giuseppe Zamberletti, proclamò lo stato di allerta per dieci comuni, evacuando circa centomila sfollati. Non si verificò nessun sisma e Zamberletti finì sotto inchiesta per procurato allarme.».
Ricordando questo episodio della vita professionale dell’ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv), le possibilità sono due: o nel 1985, alla matura età di 43 anni, era convinto che gli eventi sismici potessero essere previsti o che – comunque – il rischio di una loro concretizzazione valesse i disagi di una evacuazione di massa, oppure nel 2009 dovette darsi del cretino pensando alle conclusioni a cui era giunto 24 anni prima, salvo poi pentirsi quando il movimento tellurico si è effettivamente verificato a L’Aquila, nella forma più disastrosa immaginabile.
Di certo, considerati la tragedia, le polemiche, gli errori, le scelte professionali passate, un uomo intelligente mai avrebbe dichiarato dopo la sentenza: «Sono avvilito, disperato. Pensavo di essere assolto. Ancora non capisco di cosa sono accusato», legittimando il dubbio se egli si ritenga uno studioso a cui non si può imputare l’imprevedibile, oppure un burocrate ben pagato a cui si demanda la tutela della popolazione in qualità di esperto.

Elementi da non dimenticare: Franco Barberi, l’accademico

Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi RischiSull’accademico Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi ed uno degli scienziati condannati dalla Giustizia italiana perché non si sono rivelati profeti (tale è la tesi su cui si regge l’alibi costruito per nascondere l’inadeguata funzione burocratica di controllo), ci si può limitare a citare un caso emblematico: il 26 settembre 1997, l’allora sottosegretario alla Protezione Civile, Franco Barberi, dichiarò durante la trasmissione tv “Unomattina” che in Umbria non ci sarebbero state ulteriori forti scosse, successive a quella dell’8º/9º grado della Scala Mercalli verificatasi la notte precedente con epicentro a Cesi (era morta una coppia di anziani). Il giorno dopo, come fu trasmesso dalle televisioni di tutto il mondo grazie alla prontezza di un cameraman, crollò una delle volte della basilica di San Francesco ad Assisi, uccidendo sul colpo 4 persone.

Per comodità, si riporta il brano pubblicato su Wikipedia.

Quella delle 2:33 fu in un primo momento considerata la scossa di maggiore intensità di tutto lo sciame, e per l’immediato futuro furono previste semplici scosse di “assestamento” e di intensità minore. Fu in particolare il sottosegretario alla Protezione Civile, Franco Barberi, intervistato da “Unomattina”, a dichiarare inverosimile l’eventualità di una scossa più forte. La mattina molte scuole furono chiuse o per precauzione o per inagibilità. Molte chiese, fra le quali la Basilica di San Francesco ad Assisi, subirono gravi danni.
Nello stesso giorno, alle 11:42, una scossa di magnitudo 6,1 e IX grado Mercalli, con una profondità di circa 10 km ed epicentro ad Annifo sconvolse ancora moltissimi paesi tra l’Umbria e le Marche. Fu questo il maggiore evento registrato. Dopo le due vittime del mattino, si aggiunsero altre otto vittime. Tra queste, quattro persone morirono nella Basilica di San Francesco. La chiesa durante la notte aveva subito danni agli affreschi di Giotto e Cimabue ed in quel momento era in atto un sopralluogo da parte di alcuni tecnici, ingegneri, giornalisti e frati. Durante la scossa una delle volte della basilica superiore crollò sopra a padre Angelo Api, Zdzislaw Borowiec, Bruno Brunacci e Claudio Bugiantella, tutti e quattro morti sul colpo.

Prima di ogni giudizio, di condanna o di assoluzione morale o mediatica, sarà bene attendere la pubblicazione delle motivazioni della coraggiosa sentenza (questo riconoscimento può essere fatto fin d’ora) emessa dal giudice Marco Billi.
E’ possibile che quanti ora inveiscono contro la magistratura, stigmatizzandone l’eccessiva severità o rimproverandole di aver punito degli scienziati per non essersi rivelati dei maghi (il solito titolo da Bar dello Sport pubblicato da “Il Giornale”), nel prossimo futuro diventeranno i primi a reclamare una pena più severa: con 309 morti ed una città cancellata, la colpa (che consiste in negligenza, in imperizia o in imprudenza) non può e non deve essere sanzionata con appena 6 anni di carcere. E’ come se, per ogni vita stroncata, i colpevoli dovessero scontare una settimana di prigione. E’ inaccettabile, così come è inaccettabile la mistificazione sulle responsabilità: le imputazioni non sono riferite al disatteso obbligo di predire il terremoto, un obiettivo scientificamente irraggiungibile, ma alla leggerezza con cui si scelse di non informare la popolazione e di tranquillizzarla per non creare allarmismo, alla violazione di un obbligo istituzionale (o burocratico) di tutela della incolumità pubblica.

Commento personale

Una epidemia assolutoria sta attraversando il Paese. Dopo i cori per invocare la clemenza verso Alessandro Sallusti – l’ex direttore di Libero che ha permesso di scrivere sul suo giornale ad una persona ritenuta indegna di far parte dell’Ordine dei giornalisti perché al soldo dei servizi segreti, che ha ignorato per negligenza o dolo la falsità di una notizia, che ha consentito una grave diffamazione ai danni di un magistrato che aveva fatto solo il suo dovere – ecco che la magnanimità popolare trova nuovo humus per infervorarsi: la condanna a 6 anni di carcere, inflitta in primo grado alla Commissione Grandi Rischi che sottovalutò (o scelse di ignorare) la pericolosità della situazione a L’Aquila, dove un terremoto provocò 309 vittime.

“Chi volete salvare, voi? Gesù o Barabba?” Ci risiamo. La risposta è la stessa, sbagliata anche stavolta.
E’ sconcertante leggere i commenti dei lettori sui siti di due quotidiani antitetici, come “Il Fatto quotidiano” ed “Il Giornale”. La maggior parte delle voci è diretta contro i magistrati dell’Aquila e contro una pena ritenuta assurda o troppo severa. A quanto pare, quello del giudice è divenuto il mestiere più esercitato dagli italiani, dopo aver scalzato quello di arbitro davanti alla tv o di allenatore al bar.

Non è mai stato così facile influenzare l’opinione pubblica di questo Paese, più avvezza alle genuflessioni ed alle marcette che alla critica. Ben pochi si soffermano sulla gravità dell’accusa: omicidio colposo plurimo, cioè un comportamento dettato da negligenza, imperizia o imprudenza che ha portato alla morte di centinaia di individui ed all’annientamento di una città, disastrata prima dal terremoto e poi da un inizio di ricostruzione (presto interrotta) che ha frantumato il nucleo urbano in desolanti new town sparse sul territorio: la definizione anglofila suonava bene, ma il risultato è che gli aquilani hanno dovuto scegliere un centro commerciale come luogo di incontro collettivo.

Sui libri di Diritto si impara il detto latino “Dura lex, sed lex” (“La legge è dura, ma è la legge”). Ora, altro che sottoposizione alla “dura legge”! Ora, ad essere invocata e spesso applicata, è una legge di plastilina.
La parola “crisi” spaventa ma, nonostante i tempi, suscita più paura la parola “responsabilità”. Il proverbio “Fatta la legge, trovato l’inganno” è stato aggiornato in “Fatta la legge, pronta l’amnistia”.

Il compito delle norme è di regolare la pacifica e serena convivenza; la funzione delle pene è di punire chi attenta al corpo sociale, chi ne mette in pericolo la stabilità. Se le pronunce della magistratura – che di certo non è immune da colpe, ma che assolve ad una funzione essenziale per la collettività – vengono messe in discussione, criticate, oltraggiate prima di conoscerne le motivazioni, si mina uno dei cardini della società, si delegittima il ruolo di chi dovrebbe tutelare il bene comune.

Piacerebbe ipotizzare che questa animosità nutrita di ignoranza sia stata ereditata dal quasi ventennio berlusconiano, durante cui l’unto da Signore colpiva la magistratura inquirente e giudicante solo per salvaguardare se stesso ed i suoi interessi. Il sospetto, però, è che non sia così. Piuttosto, l’origine di questa arroganza popolare va individuata nella incompetenza delle folle e nella facilità con cui si seguono gli oratori di turno.
Aspettare di consultare le motivazioni della sentenza prima di esprimere una opinione è una fatica di scarsa soddisfazione, salvo poi indignarsi e cambiare bandiera qualora si scoprissero fatti e particolari ignorati o dimenticati.
C’è sempre stato un vento a spingere le masse, da quello della rivoluzione a quello del riflusso; il buon senso lo si è lasciato volentieri di scorta, per le calamità peggiori.

Verbale della riunione della Commissione Grandi Rischi, del 31 marzo 2009, pubblicato dal sito de “Il Fatto quotidiano

Sono presenti, per la commissione grandi rischi, Prof. Barberi (vicepresidente), Prof. Boschi (INGV), accompagnato dal Dott. Selvaggi (Responsabile CNT), Prof. Calvi (EUCENTRE), Prof. Eva (Università di Genova), per il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, il Prof. De Bernardinis (vicecapo settore tecnico operativo), Prof. Dolce (Direttore Ufficio Rischio Sismico), l’Assessore della Protezione Civile della Regione Abruzzo, il Sindaco del Comune di L’Aquila, il Dott. Altero Leone (Responsabile della PC regionale), altri rappresentanti del DPC e della Regione.

La riunione ha inizio alle ore 18.30.

Apre i lavori il Prof. De Bernardinis che porta i saluti del Capo del Dipartimento della Protezione Civile. La riunione odierna si è resa necessaria per esaminare la fenomenologia sismica in atto da alcuni mesi nel territorio della Provincia Aquilana, che è culminata con la scossa di magnitudo 4.0 del 30.03.09. Alla riunione partecipano le massime autorità scientifiche del settore sismico, in grado di fornire il quadro più aggiornato e affidabile di quanto sta accadendo.

Il Prof. Dolce fornisce un primo inquadramento delle problematiche da affrontare, con riferimento al quadro che emerge dalle registrazioni e valutazioni dell’INGV e della rete RAN del DPC, e dalle notizie fornite dalle Protezione civile regionale sui danneggiamenti subiti dalle costruzioni. Distribuisce un documento preparato dal DPC, nel quale sono riportate, tra l’altro, le registrazioni accelerometriche della RAN ed alcune elaborazioni. Evidenzia come la scossa di ieri sia stata preceduta da una sequenza sismica che dura oramai da quasi sei mesi, con scosse di magnitudo mai superiore al 2.7, e seguita da una serie di scosse, la prima delle quali di magnitudo 3.5 seguita da altre di magnitudo inferiore. Evidenzia inoltre come si siano registrati picchi di accelerazioni piuttosto alti, rispetto alla magnitudo, fino a 0.14 g. A queste registrazioni corrispondono però spettri di risposta di forma stretta, con picco per periodi molto bassi, ed una durata di pochi secondi.

Prende poi la parola il Prof. Boschi, per completare il quadro conoscitivo del fenomeno. L’attività sismica a L’Aquila si manifesta in un’area di confine tra due grosse strutture sismogenetiche. I forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta.

Il dott. Selvaggi riporta come la sequenza in corso sia molto seguita dal Centro Terremoti, che localizza e segnala tutte le scosse di magnitudo almeno 1.4. Procede quindi ad un commento del documento dell’INGV distribuito all’inizio della riunione. L’area appare caratterizzata da un’attività pressochè costante, con terremoti distribuiti su tutte le ore del giorno e della notte, e non prevalentemente in alcune ore.

Al termine dell’esposizione del quadro conoscitivo, prende la parola il Prof. Barberi, per indirizzare e condurre la discussione, specificando, innanzitutto, gli scopi della riunione:

1) fare una valutazione oggettiva degli eventi sismici in atto in relazione a quanto si possa prevedere;

2) discutere e fornire indicazioni sugli allarmi diffusi nella popolazione.

A proposito del primo punto, il Prof. Barberi evidenzia come sia estremamente difficile fare previsione temporali sull’evoluzione dei fenomeni sismici. Si può fare riferimento alla conoscenza storica, da cui emerge l’elevata sismicità del territorio abruzzese. La domanda da porre agli specialisti è se nei terremoti del passato c’è testimonianza di sequenze sismiche che precedono forti terremoti.

Il Prof. Eva spiega che la casistica è molto limitata, anche perchè terremoti così piccoli non venivano registrati nel passato. In tempi recenti non ci sono stati forti eventi, ma numerosi sciami che, però, non hanno preceduto grossi eventi (esempio in Garfagnana). Ovviamente essendo la zona di L’Aquila sismica, non è possibile affermare che non ci saranno terremoti.

Il Prof. Boschi spiega che, se si guarda una faglia attiva, la sismicità è in un certo modo sempre attiva, manifestandosi attraverso scorrimenti lenti, piccoli terremoti e, talvolta, terremoti forti. Quindi la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore. Guardando l’Italia nel suo complesso probabilmente c’è una logica che governa lo sviluppo dei terremoti. E ancor più questa logica può riguardare l’intero pianeta Terra. Ma questa logica non è ancora nota e non è perciò possibile fare previsioni. E’ invece molto noto che il Comune di L’Aquila è classificato in zona 2, e dunque è caratterizzato da una sismicità che richiede una particolare attenzione verso le costruzioni, che vanno rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti.

Il Prof. Calvi fa notare, sulla base del documento distribuito dal DPC, che le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti, di pochi millimetri, e perciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture. C’è quindi da attendersi danni alla strutture più sensibili alle accelerazioni, quali quelle a comportamento fragile.

Il Dott. Selvaggi evidenzia come ci siano stati anche alcuni terremoti recenti preceduti da scosse più piccole alcuni giorni o settimane prima, ma è anche vero che molte sequenze in tempi recenti non si sono poi risolte in forti terremoti.

Il Prof. Barberi conclude che non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento.

Riguardo al secondo punto, l’Assessore alla PC della regione chiede se si possa affermare con sicurezza che non si debba dare credito a chiunque affermi di poter fare previsioni e proponga strumenti allo scopo.

Il Prof. Barberi, riferendosi a quanto sta accadendo a L’Aquila, spiega come le misurazioni del gas Radon ai fini previsionali dei terremoti sia un problema molto vecchio e oramai a lungo studiato, senza arrivare a soluzioni utili. Sicuramente in preparazione o in concomitanza dei fenomeni sismici ci sono fenomeni geochimici, la cui complessità è, però, tale da non poter essere utilizzati come precursori. Dunque, oggi non ci sono strumenti per fare previsioni e qualunque previsione non ha fondamento scientifico. Il problema va, invece, visto nei termini generali, perché l’unica difesa dai terremoti consiste nei rafforzare le costruzioni e migliorare la loro capacità di resistere al terremoto. Un altro importante aspetto da curare ai fini di protezione civile è migliorare il livello di preparazione a gestire un’emergenza sismica. Tutti i componenti della Commissione concordano con questa valutazione.

Il Prof. De Bernardinis, infine, pone la questione sul tipo e entità del danneggiamento che terremoti di questo tipo possono procurare.

In relazione a quanto detto in precedenza dal Prof. Calvi, il Prof. Dolce evidenzia la vulnerabilità di parti fragili non strutturali e evidenzia come sia importante, nei prossimi rilievi agli edifici scolastici, verificare la presenza di tali elementi, quali controsoffittature, camini, cornicioni in condizioni precarie.

La riunione ha termine alle ore 19.30.

* * * * * *

Il video con la lettura della sentenza da parte del giudice Marco Billi.

L’audio della telefonata fra Guido Bertolaso e Daniela Stati, ex assessore della Regione Abruzzo.

Nella 14a udienza del processo, Bertolaso parla della telefonata con la Stati.

L’edizione del notiziario Studio Aperto, trasmesso da Italia Uno, in cui si derideva Giampaolo Giuliani.

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2 commenti
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  1. Ricordo a tutti che il “procurato allarme” può essere un reato. Ricordo a tutti che mandare la gente in tendopoli per un tempo indefinito può costare molto ed essere inutile. Ricordo a tutti che far evacuare migliaia di persone può causare delle vittime. E tutto risultare inutile perchè prevedere un terremoto non è possibile. Si è parlato dell’ uragano Katrina. Ricordo a tutti che un uragano si presenta più volte all’ anno , in un determinato periodo, nelle stesse zone. Che la traiettoria di un uragano e la sua forza sono prevedibili. Un uragano e un terremoto – seppur parte dei fenomeni naturali del nostro pianeta – non sono confrontabili. Il dolore può essere grande ma non per questo bisogna trovare per forza un colpevole. Troviamo invece “chi” e “come” ha costruito gli edifici crollati. Se nessuno al mondo ha mai condannato degli scienziati, pensiamo davvero di essere più intelligenti degli altri ?

    RISPOSTA

    Gentile Daniel, innanzitutto, grazie per aver lasciato un commento al mio post e grazie per il garbo e la chiarezza con cui lo ha scritto.
    In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, mi permetto solo di aggiungere che la condanna verte sulla condotta colposa della Commissione Grandi Rischi, cioè – come ribadito più volte nel mio testo – sulla negligenza, sulla imperizia o sulla imprudenza manifestate.
    Ad essere condannati non sono stati degli scienziati che non hanno saputo prevedere il terremoto (nessuno può pretendere doti di divinazione), ma degli alti burocrati che avevano il compito di valutare i rischi per la popolazione e di adottare eventuali misure precauzionali.
    Come spesso accade in questo Paese, temo che ci si stia destreggiando con l’equivoco per nascondere le responsabilità.
    E’ vero che la comunità scientifica internazionale ritiene impossibile la predizione esatta degli eventi sismici, ma è anche vero che esiste la possibilità di rilevarne l’avvicinarsi e di individuare con una certa approssimazione il territorio interessato. Fra i segnali su cui gli studiosi si concentrano da anni, figura l’aumento di gas Radon proveniente dal sottosuolo; non è una certezza, sia chiaro, ma è un indizio.
    Infine, da comuni cittadini, ci si potrebbe chiedere: se ogni previsione era impossibile, se l’adozione di misure cautelative (pur attuate in passato) sarebbe stata inutile o addirittura controproducente, che senso aveva la riunione della Commissione Grandi Rischi? Doveva davvero servire soltanto – come detto nella telefonata fra Bertolaso e la Stati – a svolgere una operazione mediatica per tranquillizzare la popolazione? A prescindere dall’esito tragico dell’evento, per evitare gli allarmismi sarebbe bastato un comunicato-stampa della Protezione Civile, senza scomodare sette scienziati.

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