Vergogna mai fu

12 Dic 2010 | Di | Categoria: Opinioni

VergognaI latini dicevano: “Risus abundat in ore stultorum“, il riso abbonda nella bocca degli stolti. Tuttavia, in tempi di crisi economica e vacche magre, di questa abbondanza si fatica a rinvenire traccia. Esiste, invece, un elemento che non scarseggia mai, che non conosce stagioni. E’ la parola “vergogna“. Il vocabolo si associa a due componenti caratterizzanti una specifica fascia di individui: la vanità e la supponenza. Quest’ultima, strettamente correlata al primo componente, si concretizza nel ritenere di avere qualcosa da dire, a prescindere dagli effettivi contenuti da comunicare. Per spiegare tale associazione al di fuori delle formulazioni teoriche, è sufficiente ricorrere ad una dimostrazione empirica: mettendo una cattedra al centro di un gruppo di persone, si noterà che la maggioranza dei presenti si avvicenderà su di essa, andando a costituire quello che viene identificato come il sottogruppo degli imbecilli vanesi, il quale discende dall’ampia categoria dei poveri di mente e di spirito.
Posizionate una cattedra accanto ad un essere umano scarso-dotato e constaterete che egli vi salirà sopra ed inizierà a discettare, filosofare, dottoreggiare, in un crescendo direttamente proporzionale all’amor proprio ed inversamente proporzionale alla valenza della “lezione”.
Inquadrato l’ambito d’uso del vocabolo “vergogna” – anzi, dell’esortazione “vergogna”, poiché essa si completa con un corollario attinto da speciosa indignazione – se ne può esaminare la consistenza statistica.

Nelle tabelle sottostanti sono riportate le incidenze percentuali del termine, rilevate su un campione di 100 individui, composto da 50 donne e da 50 uomini, senza operare alcuna distinzione di carattere culturale o ambientale, poiché è stato scientificamente dimostrato che l’esortazione “vergogna” denota una diffusione orizzontale, trasversale, non avendo congrua consistenza le distinzioni basate su caratteristiche sociali diverse dal censo e cioè dal reddito annuo.

Avvertenza: poiché le caratteristiche analizzate possono rientrare in casistiche diverse (ad esempio, si può essere dediti al malaffare e possedere un quoziente intellettivo inferiore a 85), per la definizione dei gruppi in esame sono state considerate le attività preminenti, le specificità, sia a livello qualitativo che quantitativo.

Uso dell’esortazione “Vergogna!”: classificazione in base alla principale attività svolta dal soggetto ed in base al suo reddito

Gruppo di appartentenza Uomini Donne
persone dedite al furto 11% 5%
persone dedite alla truffa 22% 14%
persone dedite alla prostituzione fisica 0,4% 12%
persone dedite alla prostituzione morale 22% 20%
imprenditori con alto reddito 12% 14%
imprenditori con basso reddito 1% 0,2%
professionisti con alto reddito 8% 6,6%
professionisti con basso reddito 0,6% 0,2%
operai ed impiegati di basso livello 2% 1%
alti burocrati dello Stato 19% 25%
dirigenti d’azienda 2% 2%

Nota analitica: si rileva una discriminante nella osservanza o nella non osservanza delle norme di legge. Il vocabolo “vergogna” risulta pronunciato con frequenza preponderante dagli individui con scarsa propensione al rispetto delle leggi; il rapporto è di 9,8 a 1.

Uso dell’esortazione “Vergogna!”: classificazione in base al quoziente intellettivo del soggetto

Gruppo di appartentenza Uomini Donne
persone con livello intellettivo < 60 (ebeti) 20% 34%
persone con livello intellettivo > 60 < 85 (minus-habens) 46% 42%
persone con livello intellettivo > 85 < 100 (normo-dotati) 22% 20%
persone con livello intellettivo > 100 < 130 (intelligenti) 8% 3%
persone con livello intellettivo > 130 (molto intelligenti) 4% 1%

Nota analitica: va rilevata e quindi sottolineata la non corrispondenza fra il grado di intelligenza e la collocazione sociale dei soggetti in senso verticale (cioè, di norma, all’intelligenza non corrispondono il rilievo a la considerazione sociale, poiché in posizioni di potere e/o ricchezza è frequente la presenza di minus-dotati intellettivi ma con sovradosaggi di astuzia, spregiudicatezza, indegnità), con una maggiore incidenza statistica – su base geografica – localizzata in Italia ed in Paesi latini con un percorso storico contraddistinto da dominazioni straniere e/o frammentazione del territorio in potentati locali.

Dalle teorizzazioni accademiche, è stato desunto il seguente postulato, di pubblico dominio: al crescere dell’uso del vocabolo “vergogna”, decresce l’entità dei valori cogenti nel soggetto agente. L’attendibilità scientifica di tale rapporto proporzionale è del 99,4%.

Questa, la formula matematica:

vn : pi = pi : vn

vn = (v)ergogna * n (n indica il numero delle reiterazioni)
pi = (p)udore * (i)ntelligenza

Svolgimento: se vn=100 (cioè, se la parola “vergogna” è ripetuta 100 volte) e pi=4 (cioè, se i valori posseduti dal soggetto sono 4), avremo come risultato 25 che quantifica il peso specifico dell’ipocrisia. Assumendo le stesse cifre per la seconda parte della proporzione, avremo una equivalenza di 4/100 e cioè un risultato assoluto di 0,04 per quanto attiene ai livelli di intelligenza e pudore del soggetto attivo.
Pertanto, tirando le somme, più è alto il quoziente della prima divisione e più sarà basso l’indice di intelligenza e pudore derivante dalla seconda divisione.

Per ulteriori verifiche empiriche, si rimanda alla visione dei notiziari televisivi e degli anatemi lanciati sulla stampa nelle date immediatamente antecedenti il 14 dicembre 2010. Naturalmente, si sconsiglia di prendere a campione i quotidiani “Il Giornale”, “Libero” ed “Il Tempo”.

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