Cecilia Sala libera, osanna e genuflessioni
8 Gen 2025 | Di Giuseppe | Categoria: In primo piano, In primo piano: noteL’otto gennaio 2025 milioni di italiani hanno tirato un sospiro di sollievo: la giornalista Cecilia Sala è tornata in patria, dopo essere stata reclusa per 20 giorni nel famigerato carcere di Evin in Iran, a seguito dell’arresto avvenuto il 19 dicembre 2024. “Ciao, sono tornata” sono state le sue prime parole al compagno che l’attendeva all’aeroporto di Ciampino, dove è atterrato il jet Falcon 900 dello Stato. La frase potrebbe essere il titolo di un bel film sentimentale, se non fosse stata fuori fuoco. La 29enne è stata liberata dal governo italiano e soprattutto dal blitz della premier Giorgia Meloni volata appositamente verso Mar-a-Lago, in America, per incontrare il presidente Usa; la reporter non ha potuto riabbracciare i suoi cari riuscendo a salvarsi da sola, non deve a se stessa il miracolo di restare viva. L’eccezionale impresa è merito dei vertici della Nazione che ancora non conosce il prezzo da pagare per una liberazione quasi impossibile. Non poca gratitudine va anche a Donald Trump, quello strano personaggio che ha permesso il rilascio nonostante gli Stati Uniti avessero emesso un mandato di cattura internazionale, con relativa richiesta di estradizione, contro l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini, accusato di avere fatto affari con i Guardiani della Rivoluzione, attualmente detenuto nel carcere lombardo di Opera. Il capo di stato statunitense è un imprenditore d’assalto; quindi, ha fatto una concessione in cambio di una contropartita ancora segreta.
Sbagliate anche le parole del padre della giovane donna, il banchiere Renato Sala che, assieme alla moglie, la manager Elisabetta Vernoni, ha vissuto settimane di paura. “Sono orgoglioso di mia figlia. Cecilia ha avuto capacità e compostezza” è stato il commento dell’uomo. Altrettanto compiaciute le parole della genitrice che ha descritto la figlia come un soldato ligio e coraggioso.
Un anfitrione dei luoghi comuni come il generale Roberto Vannacci avrebbe invece dato un ceffone alla ragazza, dopo averla stretta forte a sé. Secondo l’ex militare, autore del libro “Il mondo al contrario”, diventato un pamphlet a forza di polemiche, la giornalista s’è cercata la disavventura, così come affermato da Vittorio Feltri in un editoriale che si chiude sottolineando che la donna non si è distinta per la sua genialità. Si fatica a simpatizzare con Feltri e Vannacci, ma hanno ragione.
Il bravo giornalista Mario Calabresi, direttore di “Chora Media”, la società che produce il podcast quotidiano “Stories” (in pratica, audio registrati), con cui Cecilia Sala racconta i fatti esteri, ha replicato che la reporter non è affatto inesperta, che è brava e che si è recata in Iran con regolare visto e con tutte le garanzie necessarie.
Calabresi ha adempiuto al dovere di ogni direttore di testata, ma non è facile credergli.
In base al suo curriculum reperibile su internet, a 19 anni, nel settembre 2015, Cecilia Sala ha iniziato la professione come reporter nella redazione italiana della media company internazionale “VICE”. Da settembre 2016 a dicembre 2019 ha lavorato nella redazione di Michele Santoro. A 22 anni è diventata giornalista professionista (invece, secondo l’archivio nazionale dell’Ordine, la data della prima iscrizione è 11 gennaio 2019, cioè quando la donna aveva 24 anni, essendo nata a luglio del 1995). Nel 2020 e nel 2021 ha lavorato nella redazione di “Otto e mezzo”, programma televisivo de “La7”. Ad aprile 2022 è stata assunta – a miracol mostrare – al quotidiano “Il Foglio”, nonostante le vendite del giornale fondato da Giuliano Ferrara sembra siano equiparabili a quelle di un volantino parrocchiale.
Alcune considerazioni e domande sono inevitabili.
Con 5 anni di anzianità professionale, come si può affrontare in sicurezza una trasferta ad alto rischio in un Paese noto per i suoi estremismi? Non si può.
Qualunque giornalista abbia intrapreso il mestiere con l’intenzione di non ricevere spinte e di non cercare padrini sa che prima dei 30 anni (se va bene) è davvero arduo entrare all’hotel Ergife di Roma per sostenere la prova scritta e poter ricevere il tesserino colore amaranto dopo avere superato l’orale di fronte a una commissione presieduta da tre giudici di Corte d’Appello, uno dei quali ne è presidente. La Sala è stata davvero molto – forse troppo – fortunata.
Chi ha sostenuto le ingenti spese del reportage? Solamente per stipulare l’assicurazione obbligatoria, bisogna sborsare almeno 1.000 euro al giorno, una cifra che viene moltiplicata dalla logistica, necessaria se non si vuole andare allo sbaraglio. Con buona approssimazione, si potrebbe ipotizzare un costo superiore ai 3.000 euro al giorno (mantenendosi volutamente su una soglia estremamente bassa). Ha pagato “Chora Media”? Ha pagato “Il Foglio”? Possibile… se avessero vinto uno dei primi tre premi della lotteria Italia.
Se la giovane donna si è affidata unicamente alle sue forze e alla sua voglia di esplorare il mondo, ha commesso un azzardo e la posta in palio ora grava sugli italiani.
Per non annoiare con la tiritera delle domande e delle plausibili risposte, si può terminare sostenendo che il lieto fine della vicenda è una medaglia che brillerà a lungo sul petto di Giorgia Meloni, che fra non molto Trump passerà alla riscossione, che i tweet pubblicati da Cecilia Sala sul vecchio network Twitter (attualmente chiamato “X”) a proposito dei due marò detenuti per 4 anni in India resteranno a lungo come una macchia sul petto della stessa reporter che aveva espresso un concetto tanto semplice quanto condivisibile: se commetti errori, devi essere pronto a subirne le conseguenze; se sbagli in un Paese straniero e sovrano, devi accettarne le decisioni. A lei è andata bene grazie alle capriole fatte ai massimi livelli, mente i due militari italiani di scorta su un mercantile penarono a lungo, con seri danni alla salute (Massimiliano Latorre fu colpito da un ictus e Salvatore Girone contrasse la febbre Dengue).
Rallegriamoci per il rientro in Italia di questa giornalista che ha sfiorato la morte per il suo podcast, ma evitiamo orgogli familiari e osanna professionali perché sarebbero fuori luogo.
Da oggi, Cecilia Sala dovrebbe pregare tre volte al giorno in direzione di Palazzo Chigi, genuflettersi ogni volta che le capiterà di incontrare o intravvedere Giorgia Meloni o il ministro degli Esteri (l’amico di famiglia Antonio Tajani), dire “grazie” a ogni italiano che ha trepidato per lei e che ancora non sa quanto è costato riportarla a casa. Senza dimenticare di erigere un altarino alla dea Fortuna che l’assiste da quando era 18enne, o forse da quando è nata.
Aggiornamento del 12 gennaio 2025. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha chiesto alla Corte d’Appello di Milano di revocare l’arresto dell’imprenditore iraniano Mohammed Abedini, accusato di avere esportato dagli Usa all’Iran componenti elettronici utilizzati dai droni delle Guardie rivoluzionarie, la più importante forza militare dell’Iran. La richiesta di Nordio arriva quattro giorni dopo la liberazione di Cecilia Sala. Il 2 gennaio l’ambasciatore iraniano in Italia, Mohammad Reza Sabouri, aveva legato il caso della reporter a quello di Abedini. Secondo le accuse della procura di Boston, negli Stati Uniti, l’azienda di Abedini, la San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co., o SDRA, o SADRA, produce sistemi di navigazione installati anche negli Shahed, i più diffusi droni militari a lungo raggio usati dalle Guardie rivoluzionarie, che il 28 gennaio dello scorso anno attaccarono una base militare americana in Giordania, uccidendo tre soldati statunitensi. Nel pomeriggio di domenica 12 gennaio 2025, Abedini è atterrato a Teheran. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, ha elogiato «la cooperazione di tutte le parti interessate».
Torna in mente il sequestro della giornalista Giuliana Sgrena, avvenuto in Iraq nel 2005. La liberazione della Sgrena costò la vita all’eroico funzionario del Sismi Nicola Calipari, padre di famiglia, che la scortava e che la protesse con il suo corpo dai proiettili sparati per errore da un militare degli Stati Uniti. Stavolta sembra essere andata meglio. Sembra.
Speriamo non si sia creato un (ennesimo) precedente che favorisca azioni volte a ottenere uno scambio criminale, speriamo che Abedini non sia davvero un fornitore di tecnologia d’alto livello delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, considerate dagli Stati Uniti una organizzazione terroristica, speriamo che i droni militari non servano a uccidere innocenti.
Gli italiani hanno sempre fame di eroi. Dopo questa transazione, facciamo quaresima.